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Novembre 2009 - 1^ Domenica di Avvento (Anno C)
Pubblicato:
domenica 22 novembre 2009
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Con
questa domenica inizia il nuovo Anno Liturgico (A.L.). Per
questo, prima di addentrarci nei contenuti della Parola di
questa domenica,
ritengo necessario parlare un po’ dell’A.L. soffermandoci
solo sul Tempo di Avvento.
Quando
parliamo di “anno” parliamo di “un arco di tempo” e spesso
lo abbiniamo ad alcune categorie, come ad esempio la scuola
e così parliamo di “anno scolastico”, per definire uno
spazio-tempo in cui si svolgono le attività scolastiche.
L’A.L. è
spazio-tempo della chiesa
che non ha lo scopo di ripercorrere le tappe fondamentali
della vita di Gesù, ma quello di rivivere i misteri della
Salvezza operata da Cristo per applicarli oggi, qui per noi.
Cristo ha
salvato l’umanità una volta per sempre, ma raggiunge ognuno
di noi nel tempo in cui vive per cui si applica oggi qui per
noi perché noi stiamo vivendo oggi.
Attraverso lo sviluppo dell’a.l.
questa salvezza
si realizza in una tensione verso quella meta a cui noi
siamo diretti: la vita eterna, la comunione totale con
Cristo e la partecipazione alla sua
gloria.
L’A.L. è,
dunque, l’anno della Chiesa che tende verso la parusia, cioè
verso la seconda venuta di Cristo Gesù.
L’A.L. si
caratterizza per la sua forte unità e va considerato come un
tempo unico che scorre dalla Pentecoste (quella narrata nel
libro degli Atti degli Apostoli) alla parusia (cioè alla
seconda venuta di Cristo), quindi dal dono dello Spirito
Santo alla Chiesa nascente fino al giorno ultimo, alla fine
dei tempi.
L’A.L.
viene strutturato teologicamente nel ciclo di un anno, e
all’interno dell’A.L. la scansione viene data di Domenica in
Domenica.
La
Domenica è il “giorno del Signore”, per cui tutto quel tempo
che è compreso tra una domenica e l’altra può intendersi
come una meditazione, ma può anche intendersi come
un’attesa, una preparazione alla domenica che segue.
Questo
giorno essenziale è strutturato attraverso un ritmo
liturgico molto importante: la Domenica inizia con i Primi
Vespri (sabato sera); seguono le Lodi Mattutine; poi la S.
Messa; gli altri eventuali Sacramenti/Sacramentali;
dopodiché la conclusione con i Secondi Vespri (sera della
domenica).
Brevemente vediamo come, nel tempo, si è arrivati ad avere
questa struttura dell’A.L.
L’A.L.
inizia con la I^ Domenica di Avvento e finisce con la
Solennità che celebra la Regalità di Cristo, però, poiché è
l’applicazione della
salvezza portata da Cristo che è stata realizzata con l’evento
pasquale, in passato iniziava il giorno di Pasqua.
L’inizio
dell’A.L alla I^ Domenica di Avvento fu stabilito intorno al
VI° e VII° sec. Quando si cominciò a premettere al Natale un
periodo di “preparazione”
come la Quaresima per la Pasqua.
La
preparazione al Natale vuole rappresentare la preparazione
alla nascita di Gesù, una preparazione all’incarnazione del
Verbo. ma
sarebbe sciocco pensare che, dal momento che Gesù è già
nato, non abbiamo niente da prepararci o, peggio, come
qualcuno vuole farci credere, che si tratta di preparare una
festa di compleanno.
Il tempo
di Avvento ci deve servire per una preparazione profonda al
Natale nei tre aspetti che vengono evidenziati dalla Parola
che la Chiesa ci propone nella liturgia delle Domeniche di
avvento:
-
fare
memoria della nascita di Gesù nella storia;
-
tenere
presente che il Signore Gesù vuole nascere in ognuno di noi
perché quando tornerà, alla fine del “nostro tempo”,
possiamo essere preparati all’incontro personale con Lui;
-
prendere
coscienza che il Signore tornerà una seconda volta alla fine
dei tempi e, quindi, orientare tutta la nostra vita alla
vita eterna.
In altre
parole il periodo di Avvento serve a ricordarci tre cose:
1.
che siamo
il popolo dei salvati grazie all’Incarnazione del Verbo;
2.
che siamo
in costante preparazione all’incontro personale con il
Salvatore;
3.
che, come
Chiesa, siamo in attesa della seconda venuta di Cristo.
Le tre
Sante Messe che vengono celebrate il giorno di Natale hanno
proprio questo tono:
Adesso
vediamo come questi tre aspetti vengono sottolineati con le
letture della I^ Domenica di Avvento.
la nascita di
Gesù nella storia
Con la
prima lettura il profeta Geremia (33,14-16), ci fa immergere
nel clima di attesa per la venuta del Messia che si
respirava in Israele al tempo del profeta, attesa che più
passava il tempo più era forte.
«Ecco,
verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io
realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa
d’Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel
tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che
eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei
giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e
sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia».
È una
promessa antica, che risale agli inizi della storia umana e
che è legata al peccato originale, quando l’uomo si ribellò
al suo Creatore con un atto di disobbedienza (Gn.3).
fu allora,
quando il primo uomo infranse l’amicizia con Dio, che il
Signore, pur cacciandolo dall’Eden, non lo abbandonò al suo
destino, ma gli promise quel Salvatore che avrebbe
schiacciato la testa al Tentatore.(Gn.3,15)
Questo
Salvatore, atteso vivamente dal Popolo eletto, è quel “germoglio”
di cui Geremia parla, l’uomo nuovo, l’inviato da Dio, che
avrebbe ristabilito la giustizia, non una giustizia fatta di
condanne, pur meritate, ma un dono di misericordia che
ridonava la dignità di figlio ad ogni uomo e ristabiliva la
comunione con quel Dio che è Padre.
È questa
la giustizia (giustificazione) operata dal Figlio di Dio,
Gesù di Nazareth, redentore dell’uomo.
la nascita di
Gesù in ciascuno di noi
Con il
brano della seconda lettura, tratta dalla I^ lettera di San
paolo ai tessalonicesi (1 Ts 3,12-4,2), San Paolo ci rivolge un appello
struggente affinché il Signore possa avere il giusto posto
nel cuore di ognuno di noi:
«Fratelli,
il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra
voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per
rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità,
davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro
Gesù con tutti i suoi santi. Per il resto, fratelli, vi
preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come
avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a
Dio - e così già vi comportate -, possiate progredire ancora
di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato
da parte del Signore Gesù».
San Paolo
ci esorta ad assumere un atteggiamento di “Attesa
vigilante”.
Una
vigilanza che non è l’atteggiamento pigro di chi se ne sta a
guardare dalla finestra, ma l’operosità di chi dispone tutto
perché l’arrivo di «Colui che attendiamo» sia quasi
“anticipato” dal desiderio e l’incontro preparato con amore.
È l’attesa vigilante del servo fedele che fa attenzione che
la lampada sia sempre accesa. L’attesa di chi si impegna a
trafficare tutti i suoi talenti per poterne con gioia
presentare il frutto al Padrone che torna.
In questo
brano Paolo ci dà un’indicazione preziosissima: al momento
della venuta del Signore dobbiamo poterci presentare a Lui
con cuore saldo e irreprensibile. E questo è possibile se
permettiamo allo Spirito Santo di far “crescere e
abbondare in noi l’amore vicendevole e verso tutti”.
Questo è il segreto per essere trovati come le vergini
prudenti in attesa dello Sposo. E questo è l’olio che non
deve mai venire a mancare per tener sempre accesa la nostra
lampada: l’AMORE. Un amore che si concretizza in piccoli
gesti compiuti innanzitutto a favore di chi ci vive accanto.
Perché è così facile amare i lontani, quelli che vivono ai
margini del mondo, che dobbiamo amare e aiutare con tutte le
nostre forze e anche di più, ma il vero banco di prova è il
quotidiano: quel dono silenzioso, costante, fatto di
comprensione, di sollecitudine, di perdono e di
nascondimento. In quel provare a mettersi “nei panni degli
altri”, che tanto assomiglia al mistero che stiamo per
celebrare: l’incarnazione.
l’attesa della
seconda venuta di Cristo
Il brano
del Vangelo (Lc 21,25-28,34-36) ci immerge nell’attesa della
seconda venuta di Gesù e, contemporaneamente, ci assicura
che il Signore è vicino.
In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni
nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia
di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti,
mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di
ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli
infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio
dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e
alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State
attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si
appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della
vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso;
come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro
che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni
momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a
tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al
Figlio dell’uomo».
Il
ritorno del Figlio dell’uomo è una grande certezza, che è
insieme giudizio e salvezza, un dato di fede testimoniato in
tutto il Nuovo Testamento. Un giudizio severo e senza
riguardi per nessuno, tanto che «per trovare il coraggio
di comparire davanti al Figlio dell’uomo» Gesù ci dice
che dobbiamo «vegliare in ogni momento pregando». Un
giudizio che nasce della posizione che abbiamo assunto nei
confronti del Cristo, come dice Luca: «Chi si vergognerà
di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio
dell’uomo, quando ritornerà nella sua gloria» (9,26). La
condanna, dunque, è per coloro che hanno rifiutato la
Salvezza e l’Amore di Dio (quasi provandone vergogna) e
hanno preferito la via dell’egoismo, della violenza e del
successo cercato a qualunque costo e con qualsiasi mezzo. La
venuta del Figlio dell’uomo costituirà per i discepoli, che
non si sono vergognati del loro Maestro, della strada che
Lui ha percorso, il trionfo, il momento in cui apparirà a
tutti, con estrema evidenza: che l’amore che essi hanno
vissuto è il vero progetto che l’uomo deve inseguire. Per
tutti gli altri sarà la dimostrazione pubblica del
fallimento di tutte le pretese dei progetti di realizzazione
dell’uomo senza Dio.
C’è anche
un messaggio di speranza che Luca afferma con forza: «La
vostra liberazione è vicina». Non significa che la
seconda venuta di Cristo sia questione di giorni, ma che
tutta la storia, la nostra storia è costruita sul bisogno
delle ultime cose. Il nostro tempo è sempre importante e
decisivo, non necessariamente perché breve, ma perché offre
occasioni dalle conseguenze imprevedibili sia nel bene, se
colte con amore, sia nel male se ci lasciamo guidare
dall’egoismo e dall’egocentrismo. Da qui il dovere di essere
svegli e pronti, perché è sempre in agguato, il rischio che,
non attenti all’essenziale, non sappiamo scorgere i momenti
propizi che la vita ci offre. Anche una vita onesta, ma
disattenta e dispersa in troppe cose e spesso in inutili «affanni»
che distraggono dall’essenziale, può alla fine riuscire
vuota. Occorre il coraggio di rimanere vigilanti e in
preghiera: «Vegliate e pregate in ogni momento».