Dunque è la seconda domanda
quella che conta, la prima serve perché i suoi incomincino a
parlare e perché avvertano la differenza della loro
posizione. Essi sanno che per Gesù non sono come tutti gli
altri: essi sono stati scelti, ad essi è dato conoscere i
misteri del Regno di Dio, essi hanno visto i miracoli, hanno
ascoltato le sue parole profonde.
Questa seconda domanda è la
domanda centrale del brano evangelico: essa chiede
certamente chiarezza di idee, ma soprattutto adesione del
cuore. E Pietro, a nome di tutti, risponde: "Tu sei il
Cristo di Dio", il Messia, l'Unto di Dio".
È una risposta che se non è del
tutto chiara nella mente di Pietro, certamente è piena sul
piano della sua fede. È ormai chiaro che Gesù per i
discepoli non è solo un maestro di dottrine: è l'amico, è il
confidente, è la loro vita, è il loro Salvatore. La
conversazione che si instaura tra Gesù ed i discepoli è un
dialogo familiare e confidente. Gesù apre il suo cuore e
confida ai suoi più intimi quello che gli accadrà a
Gerusalemme. Del resto è venuto sulla terra per compiere la
volontà del Padre, qualunque cosa comporti. L'annuncio
"confidenziale" della sua Passione, Morte e Risurrezione,
certamente sorprende il piccolo gruppo di discepoli. Ma Gesù
sa bene che questa è l'essenza del suo Vangelo e non può
rinunciarvi. Anzi, chiunque vuole seguirlo deve accoglierla.
Continua, perciò, a parlare proponendo alcune indicazioni
sulla sequela. La prima e fondamentale condizione, comunque,
è un'adesione piena e totale a Lui. Gesù vuole che i
discepoli siano tali non solo esteriormente ma con il cuore;
non a metà, ma interamente. E proprio all'inizio del suo
viaggio verso Gerusalemme dice a coloro che lo ascoltano: "Se
qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda
la sua croce ogni giorno e mi segua". Gesù chiede di
essere amato sopra ogni cosa; esige di venire prima di ogni
affetto e di ogni affare. O, se vogliamo, pretende di essere
il primo affetto e il primo affare. Tutto questo chiede di
operare dei cambiamenti su ciascuno di noi, iniziando
appunto dal cuore. Qui è il luogo dove si sceglie a chi
affidare la propria vita: se a se stessi, alla propria
carriera, a tanti altri idoli, oppure al Signore. Seguire
Gesù significa essere disponibili a percorrere il suo
cammino, a prendere su di sé il rifiuto del mondo,
l'incomprensione e anche la diffamazione. Ma il termine sarà
la resurrezione, la pienezza della vita. Gesù lega il
discepolo al suo destino personale.
"Il Figlio dell'uomo deve
patire molto,... essere ucciso, e risuscitare il terzo
giorno": è il primo annuncio della Passione, un annuncio
strettamente legato alla confessione di Pietro. Gesù vuol
far capire che non sarà un Messia come loro se lo immaginano
o si aspettano, potente, glorioso, ma un Messia sofferente.
Gesù sa che dovrà affrontare la sofferenza, il rifiuto, la
morte e lo fa nella speranza, perché sa che la via di Dio
non finisce nella morte, ma sempre nella vita; il Cristo
risorgerà il terzo giorno e porterà a compimento la sua
opera di salvezza. Ma i discepoli non potevano capire
ancora, per questo li invita a non dire nulla a nessuno:
andrebbero a spiegare una cosa che non hanno per niente
chiara.
"Se qualcuno vuole venire
dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni
giorno e mi segua". Il messaggio di questa Domenica è
semplice, ma non facile da assimilare per la nostra natura
umana, ferita dal peccato. Domenica scorsa, attraverso il
brano della peccatrice ai piedi di Gesù, abbiamo visto quale
debba essere l'atteggiamento dell'uomo che si riconosce
peccatore. Le letture di questa domenica ci spingono a fare
un ulteriore passo avanti: dicono chiaramente che il mistero
della Salvezza, il mistero della misericordia di Dio, passa
attraverso il sacrificio e la rinuncia di sé.
Nella prima lettura il profeta
Zaccaria, che scrive circa cinquecento anni prima di Cristo,
ci dice che il Signore riverserà grazia e consolazione sulla
casa di David, ma che le genti guarderanno "a colui che
hanno trafitto" cioè Dio stesso, e "sarà un giorno di
lutto e pianto come si fa per un figlio unico".
Guarderanno a Dio, cioè si convertiranno a Lui che avevano
offeso nella persona dei più poveri. È il mistero dell´Amore
di Dio offeso dai nostri peccati. Il vangelo, da parte sua,
ci dà la risposta che Dio offre agli uomini: manda suo
Figlio affinché ci redima mediante la sua Passione, la sua
Morte e la sua Resurrezione. Cristo stesso dice chiaramente
ai suoi discepoli che deve soffrire e che, se desiderano
seguirlo, ognuno dovrà farsi carico della propria croce.
Messaggio difficile da accettare, allora come ora, perché
contraddice spesso le nostre aspirazioni più intime e,
tuttavia, questo è il messaggio di salvezza.
Questa è la verità fondamentale
e paradossale della vita cristiana: se vogliamo vivere,
dobbiamo morire. È Cristo stesso che ce ne dà l´esempio.
Nessuno gli toglie la vita, Egli la offre da sé stesso, ha
il potere di darla e di riprenderla. Dice ai suoi apostoli
che è necessario che Egli soffra, che sia rifiutato dai capi
del popolo, che sia crocifisso e che resusciti al terzo
giorno. Ma i suoi discepoli non riescono a capire una
lezione tanto grande. In realtà, la croce si innalza di
fronte all´uomo come un ostacolo, come qualcosa che
contraddice la sua felicità, che non ha nulla di bello, né
di desiderabile. L'unica possibilità di accettare la croce
della propria vita è "guardare Cristo", contemplare in Lui
l´Amore del Padre che offre il Figlio Unigenito per amore
nostro. Per poterci fare poi carico della nostra croce
dobbiamo fare una profonda meditazione sul suo Amore, sulle
sue sofferenze, sulla sua donazione fatta a noi
personalmente e individualmente e prendere parte alla croce
di Cristo, per amore. Dobbiamo scoprire che la nostra croce
quotidiana, quella che ci fa soffrire nel segreto del nostro
cuore, è la nostra via per il cielo ed è il nostro
contributo all´opera di salvezza.
Per Gesù accogliere la croce ha
significato mettersi a servizio del progetto di Dio
sull'uomo e, quindi, a servizio dell'uomo.
La croce è, allora, in primo
luogo la fatica di servire gratuitamente: non mettere se
stesso, la propria vita, il proprio benessere al primo posto
richiede infatti una lotta. In secondo luogo, la croce è il
rifiuto al quale questo servizio gratuito spesso va
incontro. Coloro che Gesù ha servito lo hanno rifiutato,
perché ha deluso le loro attese. Tutti i poteri, religiosi e
politici, lo hanno rifiutato, perché la sua logica era
sovversiva. Nessuno sapeva che farsene di un Salvatore così
e allora: "Via, via, crocifiggilo!".
Oggi, con questa pagina di
Vangelo, Gesù ci dice che chi Lo vuole seguire deve mettersi
sulla stessa strada. Noi, discepoli di Gesù, non cerchiamo
la croce per la croce, la sofferenza fine a se stessa: noi
vogliamo vivere! Ma si tratta di capire che per vivere
bisogna morire; la salvezza passa attraverso il dono di sé.
Se vogliamo vivere con intensità e per l'eternità, dobbiamo
camminare dietro a Cristo per la via del servizio al Regno
di Dio, che implica la Croce. La croce non è tanto la
sofferenza che ti capita involontariamente ma, piuttosto,
uno stile di vita che dobbiamo scegliere: quello del
servizio e del dono gratuito. La nostra vita non è fine a sé
stessa, deve servire qualcosa di più grande: l'amore.
L' alternativa è cercare prima
di tutto di salvare la propria vita, di conservarla ad ogni
costo, mettendo tutto il resto in secondo piano. Però Gesù
avverte che chi sceglie questo avrà una vita malaticcia,
debole. Chi pensa di trovare la realizzazione senza la
Croce, di dare compimento alle sue aspirazioni senza la
fatica di donarsi, è un illuso. Chi non si è disposto ad
amare quando questo significa soffrire, rovinerà la sua
vita: "Chi vuole salvare la propria vita, la perde".
A ognuno la scelta: seguire Gesù
o altri, accogliere la Croce o fuggirla, servire Dio o noi
stessi.