Le
letture di questa domenica propongono un messaggio comune:
il compimento della Parola di Dio. «Oggi si è adempiuta
questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi»:
questa affermazione di Gesù nella sinagoga di Nazareth, è il
cuore della liturgia della parola di questa domenica, che
offre alla nostra riflessione tre passi della Scrittura che
si illuminano e si completano a vicenda; tre brani diversi,
collocati in tre diversi momenti della Storia della
rivelazione e che sono tenuti insieme dalla centralità che
la Parola di Dio ha nella vita dell’uomo.
Circa 400 anni prima di
Cristo i giudei, tornati dall’esilio a Babilonia, grazie al
favore dei re persiani Ciro e Artaserse, cominciano a
ricostruire il tempio e le mura della città e a
riorganizzare la loro vita di fede e di culto a Dio. Ma la
vera ricostruzione è quella che deve operarsi a livello di
coscienza nazionale: i lunghi anni di esilio, la convivenza
con popolazioni idolatre avevano, infatti, affievolito la
consapevolezza di essere il popolo di Dio.
Questa rinascita religiosa
avviene attorno al libro che il Sacerdote Esdra proclama
solennemente davanti al popolo radunato: “il libro della
legge di Dio”.
Attraverso questa lettura il
popolo, con grande emozione, ripercorre la sua storia
passata, riletta come storia di fede e di alleanza con Dio,
ma anche come storia di colpa e di peccato. Il sacerdote
Esdra con i suoi collaboratori, gli scribi, cioè gli
studiosi e gli amanti della Parola di Dio, aiutano il popolo
a comprendere quanto viene letto, perché non si tratta di
una parola magica, efficace semplicemente se letta ed
ascoltata, ma di una parola che va compresa. Come in un
dialogo tra Dio ed il suo popolo, la Parola di Dio è una
provocazione ed un invito divino al dialogo, che va compresa
con tutto il cuore perché le si possa rispondere.
La prima risposta che Esdra
propone è di cessare di piangere e di fare festa: il fatto
che Dio voglia parlare al suo popolo è, infatti, una
meravigliosa notizia che deve produrre gioia.
Con una bellissima sintesi il
Concilio afferma che Dio vuole comunicare il suo profondo
desiderio di stringere un legame di intensa amicizia con
ciascuno di noi dicendo che: «nella sacra Scrittura Dio
parla agli uomini come ad amici.
Spesso il nostro ascolto
della Parola di Dio è segnato dalla tristezza e dalla noia,
perché parte in maniera sbagliata: ci attendiamo rimproveri,
pie esortazioni, prediche noiose. Dio invece parla da amico
per stringere amicizia.
Il passo del libro di Neemia
contiene delle preziose indicazioni sul modo in cui
avvicinarsi alla Scrittura, disporsi all'ascolto, alla
comprensione ed all' accoglienza profonda della Parola.
L'ascolto della sacra Scrittura è un atto solenne, che tutta
l'assemblea compie, assieme al sacerdote, un ascolto che si
prolunga nel tempo e dura per quasi tutto il corso del
giorno. è,
dunque, di vitale importanza accogliere e conoscere la
legge di Dio
che deve animare e accompagnare ogni passo della vita. Per
questo ci dobbiamo accostare al testo Sacro, non come ad
una qualunque lettura, ma come ad una lettura scelta e
preparata con cura, che coinvolga mente e cuore, una lettura
non occasionale, ma assidua e continua ed in un clima di
preghiera, come il testo di Neemia dice chiaramente: “Esdra
benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose:
«Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si
prostrarono con la faccia a terra, dinanzi al Signore”.
Una lettura, dunque, fatta
oltre che con fede, con un amore che nasce dal più profondo
desiderio di ristabilire un rapporto intimo con Dio. È
sempre il passo di Neemia a dirci che: “tutto il popolo
piangeva, mentre ascoltava le parole della legge”: è la
commozione che prende l’anima, ricolma della luce di Dio,
quella luce che muove alla conversione, cui fa seguito
l’esperienza del perdono, che apre gli occhi e ci fa vedere
chi "non ha nulla di preparato".. In tal modo, dalla Parola,
viene all’uomo quella gioia profonda, che nel testo è detta:
“la gioia del Signore”: la vera forza interiore
dell’uomo credente.
La comunità dei Corinzi ai
quali Paolo scrive (II Lettura) è ancora ben lontana da
tutto questo: è divisa in sette in lotta tra loro per
accaparrarsi la supremazia sull’annuncio del Vangelo. Ma c’è
anche di più, la divisione si ripercuote anche nei segni più
belli dell’unità: nei pasti in comune che precedono
l’Eucarestia si manifesta l’egoismo dei più ricchi! Alcuni
cristiani, inorgogliti per i loro carismi, tendono a
dominare sugli altri. Reagendo contro queste deviazioni
l’Apostolo indica come dovrebbe essere la comunità cristiana
dove è presente il Cristo: un corpo armonioso nel quale
ognuno trova il suo posto per il bene di tutti.
Nel brano del Vangelo anche
Gesù, come Esdra, apre il libro della Parola di Dio, davanti
ai suoi compaesani di Nazareth, e legge un brano di Isaia: “lo
Spirito del Signore è su di me...”. È una chiara
profezia sulla venuta del
messia che
Gesù legge dall’Antico Testamento, ma non sino alla fine. Il
brano di Isaia, infatti, si concludeva con una frase
tremenda: “… e darà inizio ad un giorno di vendetta per
il nostro Dio”.
Gesù, venuto a dare
compimento alle Scritture, quindi a dare anche una lettura
più piena e corretta delle parole dell’Antico Testamento,
evita di leggere questa frase. La sua rivelazione del
mistero di Dio Padre supera le stesse parole di Isaia che,
da uomo del suo tempo, non riusciva ad immaginare un Dio che
ama il suo popolo se non come un Dio che lo difende,
minacciando vendetta ai suoi nemici.
Quante volte anche noi
ragioniamo così, invocando da Dio un castigo ed una condanna
senza appello per i malvagi, che suona tanto come una
vendetta!
Gesù viene ad annunciare con
la sua carne un Dio che non solo vuol essere amico
dell’uomo, ma che si fa uomo. Non solo vuol convertire i
peccatori, ma muore per loro. Non solo vuol dare speranza di
fronte al timore della morte, ma risorge e promette la
resurrezione.
Dopo la lettura del passo,
non ci fu alcun commento, come invece avveniva con gli
abituali predicatori nelle riunioni della sinagoga, solo il
silenzio e un’attesa colma di stupore; nota l’Evangelista: “gli
occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui”;
ma a quanti attendevano, di udire le sue parole, il Maestro
disse soltanto una frase, la cui potenza è immensa: “Oggi
si è adempiuta questa Scrittura, che voi avete udita con i
vostri orecchi”.
Gesù non dà la spiegazione ma
richiama l’attenzione sull’evento che lo compie: la sua
venuta.
Con la sua venuta l’attesa
del profeta è compiuta. In tal modo Gesù si proclama Messia
ed esprime la propria missione ricorrendo alle parole del
profeta: si identifica con la sua attesa, ma si distacca
quando dichiara che è compiuta “oggi”. L’“oggi” è la novità
di Gesù.
“Oggi” non è soltanto una
nota cronologica riguardante Gesù: si prolunga nel tempo
della Chiesa: è il tempo messianico che è in svolgimento: è
l’“Oggi” di Dio.
La missione di Gesù è
particolarmente in direzione dei poveri e degli oppressi,
degli sfortunati, di tutti quegli uomini che, in altre
parole, ne hanno bisogno, sono più sfortunati degli altri,
emarginati. Potremmo riformulare la lieta notizia di Gesù in
questi termini: «Dio ama ogni uomo, senza differenze, dunque
ogni uomo conta, ogni uomo è prezioso». Non ci sono di
fronte a Dio emarginati, anzi gli ultimi sono per lui i
primi. Gesù porta la buona notizia dell’Amore infinito di
Dio a tutti. La parola “poveri” significa: i poveri di
spirito, i poveri materialmente, gli umili, coloro che
aspettano e confidano nella Provvidenza del Padre; ma
“povero” è ogni uomo, quando non è padrone della sua vita,
quando è debole, fragile, peccatore.
Gesù è
vangelo, buona notizia, gioia e speranza per tutti, Gesù porta
la liberazione vera da ogni schiavitù, dà la luce della
verità e porta il senso della vita e delle cose: “dà la
vista ai ciechi”. Gesù porta la vera liberazione di
fronte a ogni oppressione morale, materiale, di fronte agli
sfruttamenti, alle ingiustizie, alle manipolazioni; di
fronte all’oppressione del proprio limite e del proprio
peccato: “rimette in libertà gli oppressi”. Gesù
porta ogni grazia e ogni misericordia, ogni rinnovamento,
con la possibilità di ricominciare come da capo: “proclama
l’anno di grazia del Signore”. Gesù permette di
rinnovare tutte le cose, di credere, e vivere l’impossibile:
“Nulla è impossibile a Dio”.
Come Gesù salvava ed
evangelizzava durante la sua esistenza terrena attraverso il
suo corpo fisico, così ora parla, evangelizza e salva
attraverso il corpo che è la comunità cristiana. Consapevoli
di essere corpo di Cristo e sue membra vive, facciamo che la
nostra vita sia un canto di lode e ringraziamento a Dio.