«Alleluja,
il Signore è risorto, alleluia»; «Alleluja, il Signore è
veramente risorto, alleluja!» In questo modo si salutavano i
credenti della prima comunità di Gerusalemme.
Si, Gesù è Risorto, è vivo e
da qui parte ogni fede, ogni gioia, ogni riflessione.
Abituati a fissare lo sguardo sul dolore del Crocifisso,
siamo ora invitati a compiere un gesto molto più difficile:
credere nella Resurrezione. Se è relativamente semplice
credere in un Dio che con noi condivide il dolore, è molto
più difficile condividere con lui la gioia: la gioia ci
obbliga a guardare oltre, ad alzare lo sguardo, a non
restare chiusi su noi stessi.
La morte non è riuscita a
imprigionare Dio. Gesù è risorto, e noi? Siamo come le
donne, intenti ad imbalsamare un crocifisso? Ascolteremo
l'Angelo che ci dice: "perché cercate tra i morti uno che
è vivo?" La nostra fede, le nostre parrocchie, le nostre
messe troppe volte celebrano un morto e non un vivente.
Apriamo il cuore alla fede: Gesù è davvero risorto!
La morte è stata sconfitta:
il Dio nudo, appeso, osteso, il Dio sconfitto e straziato,
il Dio deposto sulla fredda pietra non è più nel sepolcro, è
risorto. Risorto, Gesù è davvero vivo, risorto, presente in
mezzo a noi per sempre.
Il Cielo si oscurò il
venerdì, quando gli uomini, al colmo di un abisso di
ignoranza, pensarono di liberarsi per sempre dell'amore
di Dio, inchiodando sulla Croce il Figlio. "Se sei
davvero Dio, scendi dalla croce e ti crederemo" era il
più grande insulto che si potesse fare all'amore.
L'amore non
poteva conoscere la sua totalità se si fosse rifiutato di
"dare totalmente la vita", nella morte. Non aveva neppure
senso rinunciare a spalancare le porte del Paradiso, perché
tutti, se lo volevano o se lo vogliono devono rientrare:
perché quella e solo quella è la casa che dà senso alla vita
di ciascuno: era quindi necessario che l'amore
fosse dono totale nella morte.
Sono troppi quelli, che sotto
la croce, dicono: "Se c'è un Dio, scenda dalla croce e
crederemo".
E il buio del Venerdì e del
Sabato Santo lo tocchiamo oggi, con l'abisso di dolore che
creiamo ogni giorno, generando un'infelicità che non
vorremmo, perché il nostro destino è la gioia. Siamo creati
per la gioia. Ma, purtroppo, sulla croce sono finiti tanti
uomini: è immensa la "collina dei crocifissi", se diamo uno
sguardo al mondo: i crocifissi della fame e della sete; i
crocifissi della violenza, i crocifissi dei torturati, i
crocifissi dei tossicodipendenti, e potremmo continuare il
rosario dei crocifissi. Gesù è stato deposto dalla croce e
posto nel sepolcro in attesa della resurrezione. Ma chi
schioderà i "nostri crocifissi"? Chi annunzierà loro che c’è
la Resurrezione? Cristo è risorto! Gridiamolo ai nostri
crocifissi! Se vogliamo che la loro croce si illumini di
Resurrezione; e la vita, anche nel dolore, si accenderà di
speranza. Il mondo perderà i contorni dell'inferno del "Dio
è morto" e si vestirà dei colori dell'arcobaleno del "Cristo
è risorto".
A volte, nella nostra vita,
consciamente o inconsciamente in cerca di speranza, ci
sembra di sperimentare la tristezza dei due discepoli di
Emmaus. Ma non siamo mai soli dopo la
resurrezione.
Dio ci cerca con amore infinito come il Padre che non si dà
pace fino a che non getta le sue braccia al collo di
ciascuno e grida: "Facciamo festa, questo figlio era
morto ed ora è tornato in vita". Gesù, lo sappiamo o no,
cammina al nostro fianco, ci ascolta e poi ci chiede:
"Perché siete tristi?". E lentamente, discretamente, dipana
il filo della speranza, che si fa gioia, nello "spezzare
il pane". Ossia nella carità.
Gesù Cristo è il Risorto! È
questo il grido di Pasqua che risuona nella
chiesa e nel
mondo... Gesù ha vinto, sradicando dall'isolamento ogni
uomo, sradicando l'egoismo... La Chiesa è fatta di risorti,
di gente destinata ad operare comunione, a costruire intese,
a fabbricare solidarietà, a scoraggiare le fughe per la
tangente dell'egoismo e del calcolo solitario. Questa è vera
resurrezione oggi!
In questo modo anche noi
saliamo nella carità sulla croce dell'amore, che si fa dono:
"E questo nostro salire sulla croce per amore, schioda i
tanti crocifissi, che occupano la grande collina del dolore.
Ed ogni schiodato canta e danza, con chi lo schioda, l'Alleluja
della Pasqua”. (mons. Antonio Riboldi)
Il silenzio, che ha
caratterizzato il Venerdì santo e il Sabato santo, dà
l'impressione che Dio abbia voluto dimenticare il passato,
iniziato bene con la nostra creazione, ma interrotto
drammaticamente dal peccato dei nostri progenitori. Un
peccato che è stato il rifiuto del dono dell'Amore del
Padre, per affidarsi all'egoismo, la terribile tentazione di
satana, che proprio non vuole la nostra felicità. Un
silenzio che era come un “ricominciare da capo” la storia
incredibile del Padre che ci perdona tutto e vuole
spalancarci le sue braccia per il nostro ritorno a casa...
da “risorti con Cristo!”.
"Era ancora buio"
quando Maria di Magdala si recò al sepolcro. Era buio fuori
ma soprattutto dentro il cuore di quella donna, come nel
cuore di chiunque amava quel profeta che "aveva fatto
bene ogni cosa"; il buio per la perdita dell'unico che
l'aveva capita: le aveva detto cosa aveva nel cuore, e
l'aveva liberata da ciò che l'opprimeva. Con il cuore triste
Maria si recava al sepolcro. Forse ricordava i giorni
precedenti la passione, quando gli asciugava i piedi dopo
averglieli bagnati con unguento prezioso, o gli anni, pochi
ma intensi, passati con quel profeta.
L'amicizia di Gesù è di
quella specie che porta a considerare gli altri più di se
stessi: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare
la vita per i propri amici" (Gv 15, 12). Maria di
Magdala lo constata di persona quel mattino quando è ancora
buio. Il suo amico è morto perché ha voluto bene a lei e a
tutti i discepoli, Giuda compreso. Appena giunta al sepolcro
vede che la pietra posta sull'ingresso, una lastra pesante,
come ogni morte e ogni distacco, è stata ribaltata. Non
entra, corre subito da Pietro e da Giovanni: "Hanno
portato via il Signore dal sepolcro!", grida, trafelata.
Poi aggiunge con tristezza: "Non
sappiamo dove l'abbiano messo". La tristezza di Maria
per la perdita del Signore, anche solo del suo corpo morto,
è uno schiaffo alla nostra freddezza e alla nostra
dimenticanza di Gesù anche da vivo. Oggi, questa donna è un
alto esempio per tutti i credenti: solo con i suoi
sentimenti nel cuore è possibile incontrare il Signore
risorto. È lei e la sua disperazione a muovere Pietro e
l'altro discepolo che Gesù amava.
Essi corrono immediatamente
verso il sepolcro vuoto; dopo aver iniziato assieme a
seguire il Signore durante la
passione,
sebbene da lontano (Gv 18, 15-16), ora si trovano a "correre
entrambi" per non stargli lontano. È una corsa che
esprime bene l'ansia di ogni discepolo, di ogni comunità,
che cerca il Signore. Anche noi forse dobbiamo riprendere a
correre. La nostra andatura è diventata troppo lenta, forse
appesantita dall'amore per noi stessi, dalla paura di
scivolare e perdere qualcosa di nostro, dal timore di dover
abbandonare abitudini ormai sclerotiche.
Non c'era stata né
manomissione né trafugamento: Gesù si era come liberato da
solo. Non fu necessario per Lui sciogliere le bende come per
Lazzaro. Pietro e Giovanni si sono trovati davanti ai segni
della Resurrezione e si lasciarono toccare il cuore. Scrive
l’Evangelista: «Fino ad allora infatti "non avevano
ancora compreso la Scrittura, che egli doveva risuscitare
dai morti"». Questa è spesso la nostra vita: una vita
senza resurrezione e senza Pasqua, rassegnata di fronte ai
grandi dolori e ai drammi degli uomini, rinchiusa nella
tristezza delle proprie abitudini. La Pasqua è venuta, la
pietra pesante è stata rovesciata e il sepolcro si è aperto.
Il Signore ha vinto la morte e vive per sempre. Non possiamo
più starcene chiusi come se il Vangelo della
resurrezione
non ci fosse stato comunicato. Il Vangelo è
resurrezione,
è rinascita a vita nuova. E va gridato sui tetti, va
comunicato nei cuori perché si aprano al Signore.
Questa mattina corriamo anche
noi. Pasqua, al di là delle uova di cioccolato e delle
campane a festa: è la vittoria dell'amore,
la pienezza della vita. Questa è
resurrezione:
amare. Amare la gente, i poveri; è amare Gesù Cristo Risorto
nella gente e soprattutto nei poveri.
Buona Pasqua!