Concluso il Tempo di Pasqua,
con le solenni celebrazioni della Pentecoste, della
Santissima Trinità e del SS. Corpo e Sangue di Cristo, ora
riprendiamo la lunga sequenza delle domeniche del Tempo
ordinario, tempo che assomiglia, in qualche modo, al nostro
quotidiano.
Le Letture di oggi descrivono
in modo attento e allo stesso tempo semplice e lineare quale
debba essere la disposizione nostra nei confronti di Dio,
tutte le volte che facciamo esperienza del peccato.
L’episodio del profeta Natan che smaschera Davide nelle sue
incresciose malefatte è abbastanza eloquente in proposito:
per mezzo di una specifica parabola l’uomo di Dio, infatti,
mette il monarca di fronte alla sua propria colpa: con uno
stratagemma sottile egli aveva mandato a morte l’Hittita
Uria, dopo aver reso gravida la sua consorte a sua insaputa.
Facendo morire il coniuge in battaglia, Davide credeva,
infatti, che nessuno potesse scoprire della sua relazione
segreta con Betzabea. Ma Dio attraverso Natan gli mostra
tutta la vergogna e il disonore che comporta il peccato da
lui commesso, così egli non può che umiliarsi riconoscendo
le proprie colpe e mortificandosi davanti a Dio attraverso
le parole che andranno a formare il famosissimo Salmo 50.
Il brano del Vangelo di Luca
va analizzato molto più a fondo, soprattutto per i
particolari dei personaggi che si presentano e delle
gestualità che caratterizzano l’episodio.
Il Vangelo di oggi ci offre
un’icona preziosa per lasciarci rinnovare da Cristo: è la
figura struggente di una donna, della quale tutti in quel
villaggio della Galilea, sicuramente, conoscevano il nome,
Luca, invece, la lascia nell’anonimato, riferisce solo
quell’etichetta sprezzante, impudica e ipocrita, che gli
invitati al banchetto, al quale prende parte Gesù, le
affibbiano: «una peccatrice».
Dare il bacio di benvenuto,
offrire l’acqua per il pediluvio, ungere i capelli con olio
di nardo erano all’epoca comuni usanze di educazione e di
rispetto nei confronti di chi veniva ospitato, paragonabili
al nostro salutare, stringere la mano e aiutare a togliere o
rimettere la giacca. Gesù, quindi sta facendo notare a
Simone, il fariseo perbenista che si scandalizza osteggiando
Gesù che si lascia “toccare” da una peccatrice prostituta,
cosa inaudita per la mentalità farisaica, che proprio lui,
tanto amante delle consuetudini e delle tradizioni, ha
omesso di attendere alle norme di rispetto e di educazione.
Infatti la peccatrice sta eseguendo quelle ritualità non già
come semplici formalità da sbrigare quanto basta per fare
bella figura ed essere brave persone, ma attraverso lo
specifico delle lacrime, il bacio dei piedi e l’olio sui
capelli di Gesù sta manifestando di agire con sincerità di
cuore, e amore nei confronti di Gesù, tutte caratteristiche
che vanno ben al di là della semplice formalità e che non
possono scaturire che da una fede profonda che merita il
perdono di tutti i peccati. È certo che quella povera donna
abbia mostrato pentimento per i suoi peccati, non importa
quanto gravi, e adesso vi pone rimedio con la capacità di
amare e la disposizione al dono. L’amore poi quando viene
esercitato senza restrizioni e riserve ottiene sempre il
perdono di tutti i peccati e merita le dovute ricompense e
le elargizioni divine poiché nulla può essere più
conciliante se non l’amore al prossimo che manifesta a noi
stessi e agli altri l’amore di Dio. Perché come si è sempre
detto, primo protagonista dell’amore è Dio, essendo Egli
stesso a prendere l’iniziativa nel richiamare l’uomo alla
comunione con sé tutte le volte che questi se ne allontana
per raggiungere alternative contrastanti con l’Amore divino.
Dio è il primo a perdonare i nostri peccati, perché Lui per
primo ci ha amati.
Ma non è sufficiente che Dio
perdoni quando da parte nostra si mostri rifiuto,
indifferenza e non ci si disponga ad accogliere tale
gratuità di intervento nella nostra vita. Dobbiamo
corrispondere alla grazia conciliante con cui Dio tende a
ristabilire la nostra comunione con sé, quindi occorre che
ci lasciamo riconciliare con Dio concedendo che il suo amore
faccia leva sul nostro orgoglio e sulle nostre presunzioni.
Morale della favola:
riconoscere sinceramente il proprio peccato, non importa
quanto sia grave, e predisporci all’amore sincero sono le
condizioni necessarie per meritare il perdono di Dio, senza
le quali è impossibile che noi siamo perdonati da parte Sua;
non già perché Egli voglia risparmiare sulla bontà e sulla
misericordia, ma perché noi stessi rifiutiamo la sua
misericordia.
Se Dio perdona per primo
mostrando così il suo amore infinito e gratuito occorre che
noi ci rattristiamo per il nostro peccato e proviamo dolore
per il peccato commesso. Purtroppo, quando ci troviamo al
confessionale, non di rado capita che tendiamo a
giustificare le nostre mancanze attribuendo molto spesso la
colpa ad altri o, comunque, manchiamo di ammettere il nostro
errore e di provare dolore per il male commesso verso il
prossimo. Anzi, spesso, confessiamo tante cose, senza
riferire al sacerdote le nostre mancanze verso il prossimo,
della mancanza di carità e della cattiveria manifestata o
del bene che potevamo fare e che di fatto abbiamo omesso.
Vanificando così il Sacramento stesso della Riconciliazione
e abusando di esso!
L’atteggiamento della
prostituta che ha tanto amato meritando il perdono, a
differenza del fariseo presunto “giusto e impeccabile”, ci
fa, invece, rabbrividire al pensiero che molta gente, che al
contrario di noi, non frequenta la Chiesa mostra molta più
esemplarità di vita proprio su quanto noi “frequentatori”
siamo soliti predicare e insegnare agli altri... ma non
siamo altrettanto soliti mettere in pratica. Sappiamo bene
che nella cultura ebraica come in altre culture orientali,
il peccato di adulterio è il più grave e reclama la condanna
a morte della donna; così, come sappiamo, che la Sacra
Scrittura assume questo peccato, come simbolo di qualunque
altra trasgressione alla legge di Dio. Ogni volta che ci
comportiamo così violiamo l’Alleanza con Dio trasgredendo i
suoi comandamenti e siamo, in qualche modo, “adulteri”, sia
come singoli individui che come intero popolo consacrato a
Dio. Il tradimento dell’Amore di Dio è, del resto, il
peccato delle origini, quando l’uomo, anziché vivere
l’amicizia col suo Creatore, diffidando della Sua Parola gli
si mise contro fidandosi della parola del maligno. È la
nostra storia, la storia di ogni uomo, che vede la luce in
questo mondo e per il quale il peccato è un’insidia
costante. Riconoscere questa componente della nostra vita è
importante perché solo prendendone coscienza si è capaci di
aprirci a Dio, implorando la Salvezza, che Egli, ci ha dato
nel Figlio Gesù.
Come la donna “peccatrice” ha
trovato subito il suo posto tra tutti quegli uomini
mettendosi dietro Gesù, rannicchiata ai suoi piedi con quel
famoso vasetto di oli preziosi e profumati con i quali unge
i piedi del Maestro e poi, mentre li bagna di lacrime, li
asciuga coi suoi lunghi capelli così, ai piedi del Cristo
Redentore, è il posto di ogni uomo che, deposto il peccato,
inizia una vita illuminata, fecondata e rinnovata
incessantemente dalla grazia della Misericordia che perdona.
Senza la consapevolezza di
essere peccatore l’uomo resta impantanato nel suo peccato,
il più subdolo: quale è la superbia della vita. Un tale
atteggiamento di sincerità con sé stessi e di umiltà nei
confronti di Dio è necessario, non perché il nostro rapporto
con Lui debba esser vissuto all’ombra del peccato che
incombe, ma perché esso fa parte della nostra realtà umana,
e riconoscendolo ci si libera da ogni illusione di vana
grandezza.
Al fariseo Simone che
indicava, sprezzante, la donna ai piedi di Gesù, il Maestro
racconta la parabola dei due debitori. Apparentemente è la
donna colei che ha contratto un debito maggiore, ma il suo
amore e le sue lacrime la risanano, come il pubblicano al
tempio che, proprio perché si riteneva indegno, tornò a
casa, perdonato (Lc.18,14).
Simone, che credendosi
giusto, giudica inesorabilmente gli altri, resta nella
povertà della sua mancanza d’amore: “... tu non mi hai
dato l’acqua, per i piedi, lei invece mi ha bagnato i piedi
con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli … Per
questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati,
poiché ha molto amato”.