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Riflessione sulle Letture Festive

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

23 Maggio 2010 - Pentecoste (Anno C)

Pubblicato: Domenica 16 maggio  2010

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”. Inizia così la I Lettura della Liturgia della Pentecoste. I discepoli, obbedendo alle parole che Gesù aveva detto loro, si erano fermati a Gerusalemme. Come ogni giorno, anche questa volta si erano raccolti nella “sala al piano superiore, grande, con divani e cuscini” per celebrare la Pentecoste, ossia il giorno in cui Dio aveva dato a Mosè le tavole della legge.

Essi, pur avendo incontrato Gesù risorto, erano ancora poveri uomini impauriti. Continuavano a stare assieme ma, considerando la loro debolezza, non potevano dare nulla l’uno all’altro. Forse potevano solo mettere insieme la loro povertà, i loro limiti e niente altro. Ma c’era una cosa preziosa che li faceva stare assieme: il ricordo di Gesù. Forse, tra le parole del Maestro che più ricordavano erano queste: “Dove sono riuniti due o tre nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Fin dal primo giorno, in effetti, le misero in pratica: perseveravano nello stare insieme in preghiera, assieme alla Madre di Gesù. Al cinquantesimo giorno, mentre si trovavano assieme, venne all’improvviso un rombo come di vento che si abbatté sulla casa e la riempi tutta. Con il vento apparvero anche “lingue come di fuoco che si dividevano e si posavano su ciascuno”. Vento e fuoco simboleggiano lo Spirito Santo che scendeva su di loro e prendeva possesso dei loro cuori: da quel momento quegli uomini, spaventati e prigionieri delle loro difficoltà, vennero scossi come da un terremoto; uscirono dal chiuso della loro vita, dal luogo abituale della loro riunione e furono capaci persino di parlare lingue che non conoscevano: erano le lingue del mondo intero.

L’autore degli Atti elenca i paesi di origine di coloro che si erano radunati a Gerusalemme. Venivano da ogni parte del mondo allora conosciuto. C’erano tutti; eppure ognuno sentiva annunciare il Vangelo, l’unica Parola, nella propria lingua. È l’opposto di quello che accadde a Babele: la Gerusalemme della comunione iniziava a cancellare la Babele della confusione.

Lo Spirito conduce all’unità la Chiesa e i credenti perché Egli è l’anti-babele. Non a caso, perciò, l’evento della Pentecoste sta all’origine della Chiesa, anzi dà inizio alla Chiesa e ne specifica la vocazione: per ogni comunità cristiana, deve essere tutti i giorni una Pentecoste. È lo Spirito, infatti, che aiuta i discepoli ad uscire da se stessi e a renderli testimoni “sino ai confini della terra” e capaci di annunciare lo stesso Vangelo in lingue e culture diverse. La comunione non annulla la diversità. Lo Spirito insegna ad aprirsi ad una “mentalità universale”. È lo Spirito Santo a condurre i cristiani dentro le profondità del mistero di Cristo e del suo Amore.

L’empietà contro il disegno di Dio provocò, a Babele, la confusione e la divisione, il vero castigo, sperimentato nella grande sofferenza della storia, del peccato del mondo. Lo Spirito Santo, nella convergente diversità dei popoli e delle lingue, ricompone l’unità infranta e le genti che sono in Gerusalemme indicano che una “nazione santa” si ricostituisce per tutta la terra secondo l’amoroso disegno di Salvezza attuato in Cristo.

La Chiesa è una e unica nel suo mistero di verità, di grazia e di mediazione salvifica, ma occorre che questa unità risplenda anche concretamente nei suoi membri, i quali, con la loro vita, rispondono all’unità e unicità dei doni messianici di cui è portatrice la Chiesa.

Ciò vuol dire che ogni membro di essa deve vincere le divisioni, le inimicizie, gli alterchi, le mormorazioni, le calunnie. Quando questo non accade il Maligno riprende il posto di Dio. Quando questo non accade, Babele riprende il posto di Gerusalemme e noi vanifichiamo la Pentecoste.

La parola di Dio nella solennità liturgica di Pentecoste rivela inoltre l’universalità della Chiesa: come Dio scelse Israele per farne una “nazione santa” di fronte a tutti i popoli, così Cristo ha edificato la Chiesa per tutta l’umanità. Conviene allora formarci ad una “mentalità universale”, vincendo le chiusure, le strettezze del piccolo luogo, del piccolo gruppo, stando in una comunità ecclesiale concreta col cuore aperto al mondo intero.

Insieme a questa visione ecclesiale e universale della Pentecoste la Parola di Dio ce ne descrive il significato intimo per ciascuno di noi, mostrando quello che lo Spirito Santo opera dentro di noi. Nella II Lettura, sia della vigilia, come della solennità, San Paolo ci ricorda anzitutto come lo Spirito Santo è la nostra speranza: con la luce dello Spirito Santo possiamo entrare nel mistero di Cristo, credergli e conoscere “quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità” del Cristo, del suo amore, per essere “ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3,17-19). Nello Spirito Santo ciò è possibile a tutti.

Durante l’ultima cena coi suoi, ripetutamente, Gesù aveva parlato dello Spirito promesso, tracciandone, quasi, il profilo; lo Spirito, infatti, è il nuovo Maestro dell’umanità credente, perché è Colui che guida alla Verità tutta intera attingendo dalle parole di Cristo; lo Spirito è sostegno e forza, che guida nel cammino, talvolta aggrovigliato e oscuro, della vita e della storia, nella quale il credente è chiamato a testimoniare, con forza ed umiltà, la sua fede nel Figlio di Dio e ad operare, come Lui, nel segno dell’amore, verso qualunque uomo, senza discriminazioni di sorta.

Con l’Ascensione di Cristo al Padre, lo Spirito, in tutta la sua potenza e con la ricchezza dei suoi doni, è pienamente effuso sugli uomini; ora, l’antica promessa di cui Ezechiele parlava: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne...” (Ez.36,26-27), è giunta a compimento, ora è compito dell’uomo accogliere questo Spirito, in un cuore colmo di desiderio e disposto a riamare.

Amare: è questa la condizione, perché lo Spirito venga su di noi e, in noi, prenda dimora; sono le parole stesse di Gesù: “Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. ...”.

Da questo momento, l’uomo, non solo reca in sé immagine di Dio, ma, in Cristo e nello Spirito, è anche sua dimora; e questo dimorare di Dio nell’uomo e dell’uomo in Dio, è il fondamento di quel linguaggio nuovo, il “linguaggio di Dio”; un linguaggio di pace, di verità, di comunione; un linguaggio che non mette “contro”, ma si fa solidale, nella costruzione della pace, nella realizzazione della giustizia, e si fa’, altresì, guida verso i valori autentici di una vita, che meriti di esser definita umana.

Vivere dello Spirito e vivere nello Spirito, è vivere da risorti, creature nuove che, rinate dalle macerie del peccato, si dispongono a intraprendere il cammino verso la santità, alla quale Dio ci chiama.

Vivere nello Spirito è vivere nella libertà più autentica, che ci fa essere consapevoli di essere figli di quel Dio, che in Gesù Cristo, possiamo, ormai chiamare, affettuosamente: “Abbà!

Sappiamo che l’attuazione della “vita pasquale” dei credenti e la missione della Chiesa nel tempo e nello spazio avvengono fra le difficoltà, le tentazioni e le prove di questo mondo. Lo smarrimento che prendeva gli Apostoli per il ritorno di Gesù al Padre e alla Chiesa delle origini per la morte degli Apostoli, diretti testimoni dell’insegnamento del Signore Gesù, può prendere sempre i membri della Chiesa pellegrina di oggi. Ma la Pentecoste ci ha fatto conoscere l’antidoto di ogni smarrimento: è lo Spirito Santo che ci è stato promesso e dato. La Pentecoste non è una festa qualunque dopo la Pasqua: ne è l’esplosione manifesta per la nostra vita e per la vita della Chiesa.

La Pentecoste non è, non può essere relegata solo ad un giorno; deve estendersi per tutto l’anno. L’esperienza dello Spirito e dell’Amore di Dio apre i cuori, fa scavalcare i confini angusti e trasfigura la Babele che è in noi in una nuova Gerusalemme.

 

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Ultimo aggiornamento: 16-05-10