Siamo alla VI Domenica di
Pasqua, l’ultima di un lungo ciclo, dedicato alla
celebrazione del Mistero della Resurrezione per il quale, né
un giorno, né una settimana, sono sufficienti, ma è
necessario un intero arco di tempo, questo, appunto, che
stiamo vivendo e che avrà il suo culmine nella celebrazione
dell’Ascensione e della Pentecoste, espressioni, entrambe,
dell’unico evento che è la Pasqua di Cristo.
Il brano del Vangelo di
questa Domenica ci propone, ancora, un breve passaggio del
lungo discorso di Gesù, quasi un testamento, in quella sera
dell’addio, prima di essere consegnato nelle mani degli
uomini, per affrontare il processo e la condanna a morte.
La Chiesa dedicherà una
solennità particolare alla celebrazione dell’effusione dello
Spirito, nella domenica detta di Pentecoste, ma già oggi,
attraverso le parole scritte da Giovanni, possiamo
comprendere qualcosa di questo dono, di questa “missione”
perché, appunto, di una “missione” si tratta; dato che il
Padre, come inviò il Figlio, così, ha inviato e sempre invia
lo Spirito.
Riguardo a questa Persona
divina, Gesù stesso, parlando con Nicodemo, uno dei capi dei
giudei, che si era recato da Lui di notte, lo aveva
descritto attraverso le immagini di una bellissima parabola,
che ha una liricità intensa: “...il vento soffia dove
vuole, e ne senti la voce, ma non sai da dove viene, né dove
va...”. È il soffio dello Spirito, che non ha origine
dal mondo creato, non è soffio di vento come gli altri, dei
quali si può indicare e prevedere la provenienza, la
direzione e la forza; il Vento, immagine dello Spirito, è
libero, misterioso, ci avvolge, ci sospinge, ci penetra, ci
trasforma, ci fa rinascere; disse Gesù a Nicodemo: “Se
uno non è nato dall’acqua e dallo Spirito non può entrare
nel Regno di Dio. Chi è nato dalla carne è carne, chi è nato
dallo Spirito è spirito...voi, dovete nascere dall’alto...”;
da quel “Vento” che soffia e ricrea.
Quando Giovanni scrisse
queste pagine, aveva fatto da tempo l’esperienza della morte
del Maestro e, da tempo, lo aveva incontrato Risorto, lo
aveva “visto”, aveva creduto, pur senza toccarlo, ed era
stato trasformato da questa visione, che è un tutt’uno con
l’effusione dello Spirito.
Per questo, ora, dopo
l’esperienza del sepolcro vuoto e l’incontro ripetuto col
Risorto, Giovanni può riferirci quelle parole di Gesù,
perché è lo Spirito a guidarlo, a illuminarlo, facendogli
rivivere con spirito nuovo, i momenti intensi di
quell’ultima cena che ci ha aperto la via ad una incredibile
comunione col Figlio di Dio.
In quella sera, Gesù, aveva
fatto una promessa ai discepoli e a quanti, nel tempo,
avrebbero accolto la sua Parola facendosi custodire da Essa:
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo
amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di
lui...”. Osservare la Parola non è una passiva, anonima
obbedienza, ma significa farsi custodire da Essa, significa
fare della Parola un abito, che ci riveste, ci fascia, ci
difende e ci distingue; dirà Pietro che il nostro ascolto
non può essere di smemorati, ma di persone che accolgono con
amore e, di questa Parola, vivono, realizzando, una
comunione che supera i confini della terra, per raggiungere
Dio.
La Parola di vita, proclamata
da Cristo e accolta nel cuore dell’uomo, fa del cuore che la
accoglie, la dimora terrena del Padre che in esso abita, col
Figlio e con lo Spirito, il Soffio col quale siamo stati
creati, e che, col ritorno di Cristo al Padre, resta,
nell’umanità e nella Storia, come luce che guida, forza che
sostiene, impulso che trasforma.
È questo il Consolatore,
Colui che non ci lascia soli, radicati nella terra e nella
temporalità, ma che, come vento potente, ci sospinge, verso
orizzonti nuovi, che approderanno alla pienezza della vita
in Dio.
È estremamente significativo,
dunque, il fatto che Gesù parli dello Spirito Santo e lo
chiami “il Consolatore”. Noi tutti abbiamo bisogno di
consolazione. Indiscutibilmente la vita è un grande dono; ha
le sue gioie ma anche le sue difficoltà. Ed anche se lo
stesso dolore, in tutte le sue forme, si riscatta e diventa
luce in chi lo vive unito a Gesù come il tralcio alla vite,
resta il fatto che impegna e logora energie. Ebbene “Dio ci
ha talmente amato” che, per la promessa di Gesù, sappiamo di
poter essere consolati dall’Amore stesso in persona. Sì,
perché lo Spirito Santo è l’abbraccio infinito del Padre al
Figlio e del Figlio al Padre, l’incandescente bacio
purissimo dei Due che, se lo permettiamo, afferrano anche
noi, tutto il nostro essere. E la consolazione che ce ne
viene scaturisce proprio dal fatto che lo Spirito Santo è si
Amore di Dio e in seno a Dio ma anche Verità, quella verità
che Gesù è venuto a comunicarci, rivelandoci tutta la
passione di Dio per l’uomo, ecco lo Spirito Santo la
riprende, la rende evidente.
Questo accende in noi il
desiderio di amare il Signore. Lui ci dice che il nostro
amore non deve essere a parole, ma costruito nei fatti,
nell’osservare e mettere in pratica i suoi comandamenti.
Sappiamo che è difficile, a volte può essere davvero
difficile, ma è possibile, è bello, è importante, è la cosa
più bella.
Tanta gente vive i
comandamenti e molte volte noi stessi siamo riusciti a
viverli con serenità, impegno e pace del cuore. Ci sono
persone che vivono il perdono, altre che cercano l’onestà e
la sincerità nel lavoro, altre che costruiscono l’amore e la
fedeltà nel matrimonio e nella famiglia. Potremmo continuare
con tanti altri esempi. I comandamenti di Dio sono la strada
più bella per costruire bene la nostra vita sulla terra e
quella degli altri; per costruire e meritare giorno per
giorno il nostro paradiso nell’eternità. Non bisogna
scoraggiarci quando facciamo fatica a osservare i
comandamenti; un po’ alla volta ci riusciremo. Quando
sbagliamo il Signore ci è accanto per darci il suo perdono e
aiutarci a riprendere il cammino.
L’importante, nella vita, è
amare! “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore... e
il prossimo come te stesso”. Non sono i risultati che
contano, ma la volontà di ricominciare ogni giorno ad amare
gli altri, come Dio fa con noi. Dice un grande santo: “Ama,
dunque, senza farti troppe domande. Ama tutti, ama sempre,
ama con gioia, perché Dio ama chi dona con gioia”.
A questo punto, nel desiderio
e nello sforzo di amare il Signore e osservare la sua
Parola, Gesù ci fa la sua grande promessa: “Il Padre mio
lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di
Lui”. Scriveva S. Gregorio Magno: «Dio vive nel cuore
dell’uomo, Dio vive nel mio cuore! E se Dio vive nel mio
cuore, tutto è possibile, tutto acquista valore, tutto è
speranza, santità e grazia. Pensate che festa, fratelli
carissimi, avere in casa Dio!»
Dove c’è fatica, peccato,
scoraggiamento o debolezza Gesù dà il Consolatore, lo
Spirito Santo: “Egli vi insegnerà ogni cosa e vi
ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Lo Spirito
Santo è la nostra forza, la nostra speranza, la nostra pace,
la nostra gioia.
Lo Spirito Santo ci aiuta ad
affrontare la vita e i suoi problemi: la vita personale, la
vita di famiglia, la vita nella comunità cristiana. Ci è
stato raccontato nella prima lettura come la prima comunità
cristiana dovette affrontare una grande prova: alcuni
volevano conservare tutte le usanze giudaiche, compresa la
circoncisione, anche dopo l’incontro con Cristo. A noi può
sembrare una questione banale, ma per quel momento fu una
prova fortissima. Gli apostoli prendono la decisione, riniti
a Gerusalemme, con Pietro sanno che Cristo è la novità, è
Lui la speranza, è Lui la strada, l’unica strada che salva
l’uomo. Presero una decisione coraggiosissima, che tagliava
nettamente con un’epoca e dava inizio alla fede vera nella
Salvezza di Cristo. Questa pagina degli Atti ci insegna che
anche oggi, nella religione, c’è il rischio di attaccarsi
alle cose marginali, esteriori... dimenticando l’essenziale.
Ad es. non è sufficiente andare a Messa, confessarsi, fare
la comunione... la Messa, la confessione, la comunione ci
devono aiutare a cambiare e rinnovare la vita, a crescere
nella carità, a offrire la possibilità di essere fratelli
veri nelle situazioni della vita. L’incontro con Dio non si
ferma al rito, alle cose esteriori, ma ci cambia e ci
rinnova nel cuore.