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Riflessione sulle Letture Festive

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

9 Maggio 2010 - VI Domenica di Pasqua (Anno C)

Pubblicato: Domenica 2 maggio  2010

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

Siamo alla VI Domenica di Pasqua, l’ultima di un lungo ciclo, dedicato alla celebrazione del Mistero della Resurrezione per il quale, né un giorno, né una settimana, sono sufficienti, ma è necessario un intero arco di tempo, questo, appunto, che stiamo vivendo e che avrà il suo culmine nella celebrazione dell’Ascensione e della Pentecoste, espressioni, entrambe, dell’unico evento che è la Pasqua di Cristo.

Il brano del Vangelo di questa Domenica ci propone, ancora, un breve passaggio del lungo discorso di Gesù, quasi un testamento, in quella sera dell’addio, prima di essere consegnato nelle mani degli uomini, per affrontare il processo e la condanna a morte.

La Chiesa dedicherà una solennità particolare alla celebrazione dell’effusione dello Spirito, nella domenica detta di Pentecoste, ma già oggi, attraverso le parole scritte da Giovanni, possiamo comprendere qualcosa di questo dono, di questa “missione” perché, appunto, di una “missione” si tratta; dato che il Padre, come inviò il Figlio, così, ha inviato e sempre invia lo Spirito.

Riguardo a questa Persona divina, Gesù stesso, parlando con Nicodemo, uno dei capi dei giudei, che si era recato da Lui di notte, lo aveva descritto attraverso le immagini di una bellissima parabola, che ha una liricità intensa: “...il vento soffia dove vuole, e ne senti la voce, ma non sai da dove viene, né dove va...”. È il soffio dello Spirito, che non ha origine dal mondo creato, non è soffio di vento come gli altri, dei quali si può indicare e prevedere la provenienza, la direzione e la forza; il Vento, immagine dello Spirito, è libero, misterioso, ci avvolge, ci sospinge, ci penetra, ci trasforma, ci fa rinascere; disse Gesù a Nicodemo: “Se uno non è nato dall’acqua e dallo Spirito non può entrare nel Regno di Dio. Chi è nato dalla carne è carne, chi è nato dallo Spirito è spirito...voi, dovete nascere dall’alto...”; da quel “Vento” che soffia e ricrea.

Quando Giovanni scrisse queste pagine, aveva fatto da tempo l’esperienza della morte del Maestro e, da tempo, lo aveva incontrato Risorto, lo aveva “visto”, aveva creduto, pur senza toccarlo, ed era stato trasformato da questa visione, che è un tutt’uno con l’effusione dello Spirito.

Per questo, ora, dopo l’esperienza del sepolcro vuoto e l’incontro ripetuto col Risorto, Giovanni può riferirci quelle parole di Gesù, perché è lo Spirito a guidarlo, a illuminarlo, facendogli rivivere con spirito nuovo, i momenti intensi di quell’ultima cena che ci ha aperto la via ad una incredibile comunione col Figlio di Dio.

In quella sera, Gesù, aveva fatto una promessa ai discepoli e a quanti, nel tempo, avrebbero accolto la sua Parola facendosi custodire da Essa: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui...”. Osservare la Parola non è una passiva, anonima obbedienza, ma significa farsi custodire da Essa, significa fare della Parola un abito, che ci riveste, ci fascia, ci difende e ci distingue; dirà Pietro che il nostro ascolto non può essere di smemorati, ma di persone che accolgono con amore e, di questa Parola, vivono, realizzando, una comunione che supera i confini della terra, per raggiungere Dio.

La Parola di vita, proclamata da Cristo e accolta nel cuore dell’uomo, fa del cuore che la accoglie, la dimora terrena del Padre che in esso abita, col Figlio e con lo Spirito, il Soffio col quale siamo stati creati, e che, col ritorno di Cristo al Padre, resta, nell’umanità e nella Storia, come luce che guida, forza che sostiene, impulso che trasforma.

È questo il Consolatore, Colui che non ci lascia soli, radicati nella terra e nella temporalità, ma che, come vento potente, ci sospinge, verso orizzonti nuovi, che approderanno alla pienezza della vita in Dio.

È estremamente significativo, dunque, il fatto che Gesù parli dello Spirito Santo e lo chiami “il Consolatore”. Noi tutti abbiamo bisogno di consolazione. Indiscutibilmente la vita è un grande dono; ha le sue gioie ma anche le sue difficoltà. Ed anche se lo stesso dolore, in tutte le sue forme, si riscatta e diventa luce in chi lo vive unito a Gesù come il tralcio alla vite, resta il fatto che impegna e logora energie. Ebbene “Dio ci ha talmente amato” che, per la promessa di Gesù, sappiamo di poter essere consolati dall’Amore stesso in persona. Sì, perché lo Spirito Santo è l’abbraccio infinito del Padre al Figlio e del Figlio al Padre, l’incandescente bacio purissimo dei Due che, se lo permettiamo, afferrano anche noi, tutto il nostro essere. E la consolazione che ce ne viene scaturisce proprio dal fatto che lo Spirito Santo è si Amore di Dio e in seno a Dio ma anche Verità, quella verità che Gesù è venuto a comunicarci, rivelandoci tutta la passione di Dio per l’uomo, ecco lo Spirito Santo la riprende, la rende evidente.

Questo accende in noi il desiderio di amare il Signore. Lui ci dice che il nostro amore non deve essere a parole, ma costruito nei fatti, nell’osservare e mettere in pratica i suoi comandamenti. Sappiamo che è difficile, a volte può essere davvero difficile, ma è possibile, è bello, è importante, è la cosa più bella.

Tanta gente vive i comandamenti e molte volte noi stessi siamo riusciti a viverli con serenità, impegno e pace del cuore. Ci sono persone che vivono il perdono, altre che cercano l’onestà e la sincerità nel lavoro, altre che costruiscono l’amore e la fedeltà nel matrimonio e nella famiglia. Potremmo continuare con tanti altri esempi. I comandamenti di Dio sono la strada più bella per costruire bene la nostra vita sulla terra e quella degli altri; per costruire e meritare giorno per giorno il nostro paradiso nell’eternità. Non bisogna scoraggiarci quando facciamo fatica a osservare i comandamenti; un po’ alla volta ci riusciremo. Quando sbagliamo il Signore ci è accanto per darci il suo perdono e aiutarci a riprendere il cammino.

L’importante, nella vita, è amare! “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore... e il prossimo come te stesso”. Non sono i risultati che contano, ma la volontà di ricominciare ogni giorno ad amare gli altri, come Dio fa con noi. Dice un grande santo: “Ama, dunque, senza farti troppe domande. Ama tutti, ama sempre, ama con gioia, perché Dio ama chi dona con gioia”.

A questo punto, nel desiderio e nello sforzo di amare il Signore e osservare la sua Parola, Gesù ci fa la sua grande promessa: “Il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di Lui”. Scriveva S. Gregorio Magno: «Dio vive nel cuore dell’uomo, Dio vive nel mio cuore! E se Dio vive nel mio cuore, tutto è possibile, tutto acquista valore, tutto è speranza, santità e grazia. Pensate che festa, fratelli carissimi, avere in casa Dio!»

Dove c’è fatica, peccato, scoraggiamento o debolezza Gesù dà il Consolatore, lo Spirito Santo: “Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Lo Spirito Santo è la nostra forza, la nostra speranza, la nostra pace, la nostra gioia.

Lo Spirito Santo ci aiuta ad affrontare la vita e i suoi problemi: la vita personale, la vita di famiglia, la vita nella comunità cristiana. Ci è stato raccontato nella prima lettura come la prima comunità cristiana dovette affrontare una grande prova: alcuni volevano conservare tutte le usanze giudaiche, compresa la circoncisione, anche dopo l’incontro con Cristo. A noi può sembrare una questione banale, ma per quel momento fu una prova fortissima. Gli apostoli prendono la decisione, riniti a Gerusalemme, con Pietro sanno che Cristo è la novità, è Lui la speranza, è Lui la strada, l’unica strada che salva l’uomo. Presero una decisione coraggiosissima, che tagliava nettamente con un’epoca e dava inizio alla fede vera nella Salvezza di Cristo. Questa pagina degli Atti ci insegna che anche oggi, nella religione, c’è il rischio di attaccarsi alle cose marginali, esteriori... dimenticando l’essenziale. Ad es. non è sufficiente andare a Messa, confessarsi, fare la comunione... la Messa, la confessione, la comunione ci devono aiutare a cambiare e rinnovare la vita, a crescere nella carità, a offrire la possibilità di essere fratelli veri nelle situazioni della vita. L’incontro con Dio non si ferma al rito, alle cose esteriori, ma ci cambia e ci rinnova nel cuore.

 

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