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Riflessione sul Vangelo Festivo

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

17 Febbraio 2010 - Mercoledì delle Ceneri (Anno C)

Pubblicato: venerdì 12 febbraio 2010

 

Il Mercoledì delle Ceneri dà inizio alla Quaresima: un Tempo forte dello Spirito, un’occasione privilegiata per camminare davvero nelle vie di Dio.

La Quaresima, come cammino che ci conduce alla celebrazione annuale della Pasqua, è la scuola che dobbiamo frequentare per capire pienamente, da una parte l’Amore che Dio ha per noi, tanto da rendersi sempre disponibile al perdono, e dall'altra l’amore che noi dobbiamo avere per i fratelli.

La Quaresima esige una svolta significativa e concreta della nostra vita, un ritorno autentico a Dio che è infinitamente misericordioso.

Tornare a Dio significa abbandonarsi come bambini tra le sue braccia, fidarsi e affidarsi unicamente e totalmente a Lui; affidare a Lui tutto ciò che siamo e abbiamo, senza “se” e senza “ma”, allacciare quel rapporto d’amore dove le parole e le pratiche non hanno senso, poiché nell’amore ha voce solo il cuore!

I segni che aprono questo tempo non sono allegri: cenere, colore violaceo, sospensione del canto dell’Alleluia e del Gloria; eppure anche la Quaresima deve essere un lieto annuncio, altrimenti non sarebbe cristiana, non sarebbe evangelica. La letizia dell’annuncio sta nel fatto che Dio ci dà  ancora un tempo privilegiato per convertirci, una reale possibilità di cambiare.

La cenere ricorda la fine,  la morte, ma non è tanto la fine e la morte dell’uomo, quanto la fine e la morte dell’«uomo vecchio», quello contaminato e sfigurato dal peccato.

Il segno della cenere ha un’altra valenza: nel mondo antico essa conteneva infatti le più forti sostanze detergenti conosciute per pulire e disinfettare gli abiti e far tornare bianchi i teli. La cenere ricordava dunque la possibilità di un lavaggio profondo che togliesse le macchie che l’acqua da sola non portava via. Ricevere la cenere era, dunque, entrare in un cammino di profonda e potente purificazione interiore.

La Liturgia della Parola in questo tempo è più che mai ricca di spunti per la nostra riflessione e di orientamenti per la nostra vita. Noi, di fronte a tanta ricchezza, dobbiamo riconoscerci affamati e assetati della Parola di verità e di vita, per poterla gustare e farne il tesoro della nostra vita.

La Prima Lettura, tratta dal libro del profeta Gioele, è una Liturgia penitenziale, nella quale la voce di Dio richiama il Suo popolo ad un pentimento sincero e non formale e apparente: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti...

Nella seconda lettura san Paolo ci esorta così: “Vi supplichiamo, in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”. Riconciliazione è la parola chiave della Liturgia di questo Mercoledì delle Ceneri. Riconciliazione significa cambiare un rapporto “a partire dall’altro”, per questo, implica la conversione a Dio e a partire da Dio, alla quale chiama anche il profeta Gioele. L'Apostolo, in questo brano, vuole parlare ai nostri cuori, perché ci lasciamo davvero guidare da Dio e scoprire l’Oggi della salvezza che Egli ci chiama a vivere.

Nel brano del Vangelo è interessante che la proposta di Gesù riguardi tre pratiche tipiche di chi voglia rinvigorirsi spiritualmente: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente... E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente... E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa...

Gesù ci insegna ad essere “veri” e non ipocriti nel nostro rapporto con Dio: l’elemosina, la preghiera, il digiuno sono le “opere buone” da compiere nel segreto del cuore dove Dio ha l’esclusiva di leggere, altrimenti risultano essere soltanto motivi per trovare il plauso degli uomini, di cui Dio non sa che farne!

Il Signore ci invita ad un rapporto di intimità profonda con Lui, dove la nostra coscienza è chiamata ad esprimere quei giudizi sinceri che ci permettono di riconoscere le nostre infedeltà, la grandezza infinita della Misericordia di Dio e la ricchezza che è ogni fratello che Dio ci ha posto accanto!

L’elemosina, la preghiera ed il digiuno sono tre potenti mezzi per chi voglia davvero aprirsi all’azione di Dio. Ma perché così avvenga, Gesù ci mette in guardia contro il “morbo” che rovina e devasta queste ali: “il desiderio di essere ammirati e lodati”. Questa inclinazione a cercare l’approvazione degli altri, a trovare un’intesa con il loro giudizio è un’insidia per tutti noi.

L’elemosina, di cui Gesù ci parla, è aprire il nostro cuore alla Carità, sapendo privarci di qualcosa di nostro, non di ciò che ci è di superfluo ma di ciò che ci è utile, per condividerlo con i fratelli. Questo riguarda non solo i beni materiali da cui dobbiamo imparare a distaccarci, ma anche e soprattutto quelli spirituali che si condividono senza spossessarcene.

Disporre del nostro tempo e dei nostri talenti facendone parte a chi ci sta accanto, tenendo magari un po’ di compagnia a qualche persona sola o ammalata, prestando ascolto a qualche persona che sta attraversando un momento di prova nella sua vita, … ed altri “piccoli gesti” che ci fanno grandi davanti a Dio e non davanti agli uomini; che ci fanno rifiutare l’ipocrisia e la superbia! Sono questi “piccoli gesti” che riempiono il nostro cuore d’Amore poiché, mentre siamo chiamati a “dare”, “riceviamo” un tesoro grande, che va’ ben al di là delle leggi del mercato e dell’economia a cui siamo abituati.

Il secondo aspetto su cui il Vangelo di oggi si sofferma è la preghiera. In genere, sono due le situazioni in cui ci ritroviamo nei confronti della preghiera: la prima è quella che ci porta ad avere un rapporto con la preghiera legato alla “pratica”, ovvero alla recita, troppo spesso meccanica, di parole e di frasi che le nostre labbra emettono senza che il cuore ne abbia alcuna partecipazione.

La preghiera, invece, è un intimo dialogo con Dio, è parlare con Lui, dire a Lui tutto ciò che siamo e abbiamo, chiedendo conforto, aiuto, protezione, grazia... La preghiera esige l’intimità dove il nostro cuore si apre nella confidenza più totale alla Misericordia di Dio, che è Padre e che ci comprende fino in fondo.

La seconda situazione, in cui spesso ci ritroviamo, è invece quella in cui non preghiamo mai: perché non abbiamo il tempo per farlo, presi dalla frenesia delle nostre giornate o perché non sappiamo pregare o, peggio, perché abbiamo perso il gusto della preghiera. La preghiera è un elemento fondamentale per il cristiano, è quel pane spirituale senza cui non è possibile reggersi in piedi. La preghiera è quel dialogo d’Amore con Dio, dove le parole sono soltanto un elemento marginale, nel quale Lui si fa nostro “Compagno di viaggio” e la nostra fatica è dimezzata, perché Lui porta con noi il peso delle nostre fatiche. La preghiera è quel sussurrare intimo fra due innamorati, è quello scambio di confidenze e tenerezze fra due amanti, è la sorgente da cui attingere a piene mani quella gioia che non deve mancare nella vita dei figli di Dio.

Il terzo aspetto su cui oggi Gesù si sofferma è il digiuno. Questa pratica era molto attiva al tempo di Gesù, ma il risultato era solo l’ipocrisia, perché quel digiuno non partiva dal cuore e quindi non permetteva di raggiungere Dio, era semplicemente una pratica esteriore. Lo stesso rischio lo corriamo anche noi. Spesso sento molte persone “vantarsi” di non mangiare carne per tutta la Quaresima; bene! Ma il giorno in cui tuo marito o tua moglie decidono di mangiare la carne tu devi digiunare non fare la “grande abbuffata di pesce”. Lo stesso vale per chi non mangia dolci ect. (Ho conosciuto una persona che avendo fatto il fioretto di non mangiare dolci si faceva fare le torte salate). Per questo è opportuno che ciascuno di noi, secondo coscienza, trovi la forma di digiuno più adeguata alla propria persona per vivere al meglio la Quaresima, tenendo ben presente il fatto che il digiuno è privazione di qualcosa o di alcune cose per capire il bisogno che abbiamo di Dio nella nostra vita. Digiuniamo, allora, dai vizi, dal soffermarci troppo davanti alla televisione o al computer, da qualche lettura non edificante, da un divertimento sfrenato, dal pettegolezzo, dal giudicare le persone, dal trattare i fratelli come se fossero nostri servi... Digiuniamo dal “dolce far niente”, che rischia di diventare ozio o accidia, per dedicare questo tempo “sprecato” alle necessità dei fratelli; digiuniamo da alcuni cibi per dare quello che non si è mangiato o il suo equivalente, a chi non ne ha.

Però “…quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni…” cioè fallo nel nascondimento. Il motivo è semplice: non si tratta di metterci in rapporto con noi stessi, di contabilizzare i nostri sforzi e le nostre vittorie; non si tratta neanche di metterci in relazione con gli altri per dare spettacolo, per farci vedere. Coloro che agiscono in questo modo hanno già ricevuto la ricompensa, poiché la stima degli uomini annulla e rende superflua la grazia di Dio. Fare elemosina, pregare, digiunare mirano a ri-unirci al Padre, ri-metterci in contatto con Lui, farci entrare nel suo campo visivo.

Gesù denuncia con forza il possibile snaturamento di questi gesti di penitenza che rischiano di diventare occasione di allontanamento da Dio. Vi è infatti una maniera di dare che non genera l’amore, ma il compiacimento di sé. Vi è una preghiera che non è volta verso Dio, ma all’autoesaltazione di colui che la ostenta. Vi è un digiuno che non esprime la rinuncia ai desideri troppo umani, ma l’esaltazione di questi desideri. Per questa strada la Quaresima che inizia non conduce da nessuna parte.

Accostiamoci, dunque, a ricevere le ceneri che sono quello che resta di ciò che è stato bruciato, consumato, distrutto; ceneri che parlano del nostro peccato, della nostra fragilità, di ciò che ha intaccato e deturpato la nostra vita. Ricevendole sul nostro capo diciamo a Dio che vogliamo seriamente lasciarci lavare dalla sua Grazia e dalla sua Misericordia; diciamo a Dio che vogliamo assumere, in tutta coscienza, l’impegno a cambiare la nostra vita, per darle il senso giusto, quello per cui Lui ci ha creato, andando a scoprire la dignità e la bellezza di essere i suoi figli.

Buona Quaresima.

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Ultimo aggiornamento: 12-02-10