Il
Mercoledì delle Ceneri dà inizio alla Quaresima: un Tempo
forte dello Spirito, un’occasione privilegiata per camminare
davvero nelle vie di Dio.
La
Quaresima, come cammino che ci conduce alla celebrazione
annuale della Pasqua, è la scuola che dobbiamo frequentare
per capire pienamente, da una parte l’Amore che Dio ha per
noi, tanto da rendersi sempre disponibile al perdono, e
dall'altra l’amore che noi dobbiamo avere per i fratelli.
La
Quaresima esige una svolta significativa e concreta della
nostra vita, un ritorno autentico a Dio che è infinitamente
misericordioso.
Tornare a
Dio significa abbandonarsi come bambini tra le sue braccia,
fidarsi e affidarsi unicamente e totalmente a Lui; affidare
a Lui tutto ciò che siamo e abbiamo, senza “se” e senza
“ma”, allacciare quel rapporto d’amore dove le parole e le
pratiche non hanno senso, poiché nell’amore ha voce solo il
cuore!
I segni
che aprono questo tempo non sono allegri: cenere, colore
violaceo, sospensione del canto dell’Alleluia e del Gloria;
eppure anche la Quaresima deve essere un lieto annuncio,
altrimenti non sarebbe cristiana, non sarebbe evangelica. La
letizia dell’annuncio sta nel fatto che Dio ci dà ancora un
tempo privilegiato per convertirci, una reale possibilità di
cambiare.
La cenere
ricorda la fine, la morte, ma non è tanto la fine e la
morte dell’uomo, quanto la fine e la morte dell’«uomo
vecchio», quello contaminato e sfigurato dal peccato.
Il segno
della cenere ha un’altra valenza: nel mondo antico essa
conteneva infatti le più forti sostanze detergenti
conosciute per pulire e disinfettare gli abiti e far tornare
bianchi i teli. La cenere ricordava dunque la possibilità di
un lavaggio profondo che togliesse le macchie che l’acqua da
sola non portava via. Ricevere la cenere era, dunque,
entrare in un cammino di profonda e potente purificazione
interiore.
La
Liturgia della Parola in questo tempo è più che mai ricca di
spunti per la nostra riflessione e di orientamenti per la
nostra vita. Noi, di fronte a tanta ricchezza, dobbiamo
riconoscerci affamati e assetati della Parola di verità e di
vita, per poterla gustare e farne il tesoro della nostra
vita.
La Prima
Lettura, tratta dal libro del profeta Gioele, è una Liturgia
penitenziale, nella quale la voce di Dio richiama il Suo
popolo ad un pentimento sincero e non formale e apparente: “Ritornate
a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti...”
Nella
seconda lettura san Paolo ci esorta così: “Vi
supplichiamo, in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con
Dio”. Riconciliazione è la parola chiave della Liturgia
di questo Mercoledì delle Ceneri. Riconciliazione significa
cambiare un rapporto “a partire dall’altro”, per questo,
implica la conversione a Dio e a partire da Dio, alla quale
chiama anche il profeta Gioele. L'Apostolo, in questo brano,
vuole parlare ai nostri cuori, perché ci lasciamo davvero
guidare da Dio e scoprire l’Oggi della salvezza che Egli ci
chiama a vivere.
Nel brano
del Vangelo è interessante che la proposta di Gesù riguardi
tre pratiche tipiche di chi voglia rinvigorirsi
spiritualmente: «State attenti a non praticare la vostra
giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro,
altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro
che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non
suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti
nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla
gente... E quando pregate, non siate
simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli
delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti
dalla gente... E quando digiunate, non diventate
malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta
per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi
dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa...
Gesù ci
insegna ad essere “veri” e non ipocriti nel nostro rapporto
con Dio: l’elemosina, la preghiera, il digiuno sono le
“opere buone” da compiere nel segreto del cuore dove Dio ha
l’esclusiva di leggere, altrimenti risultano essere soltanto
motivi per trovare il plauso degli uomini, di cui Dio non sa
che farne!
Il
Signore ci invita ad un rapporto di intimità profonda con
Lui, dove la nostra coscienza è chiamata ad esprimere quei
giudizi sinceri che ci permettono di riconoscere le nostre
infedeltà, la grandezza infinita della Misericordia di Dio e
la ricchezza che è ogni fratello che Dio ci ha posto
accanto!
L’elemosina, la preghiera ed il digiuno sono tre potenti
mezzi per chi voglia davvero aprirsi all’azione di Dio. Ma
perché così avvenga, Gesù ci mette in guardia contro il
“morbo” che rovina e devasta queste ali: “il desiderio di
essere ammirati e lodati”. Questa inclinazione a cercare
l’approvazione degli altri, a trovare un’intesa con il loro
giudizio è un’insidia per tutti noi.
L’elemosina, di cui Gesù ci parla, è aprire il nostro cuore
alla Carità, sapendo privarci di qualcosa di nostro, non di
ciò che ci è di superfluo ma di ciò che ci è utile, per
condividerlo con i fratelli. Questo riguarda non solo i beni
materiali da cui dobbiamo imparare a distaccarci, ma anche e
soprattutto quelli spirituali che si condividono senza
spossessarcene.
Disporre
del nostro tempo e dei nostri talenti facendone parte a chi
ci sta accanto, tenendo magari un po’ di compagnia a qualche
persona sola o ammalata, prestando ascolto a qualche persona
che sta attraversando un momento di prova nella sua vita, …
ed altri “piccoli gesti” che ci fanno grandi davanti a Dio e
non davanti agli uomini; che ci fanno rifiutare l’ipocrisia
e la superbia! Sono questi “piccoli gesti” che riempiono il
nostro cuore d’Amore poiché, mentre siamo chiamati a “dare”,
“riceviamo” un tesoro grande, che va’ ben al di là delle
leggi del mercato e dell’economia a cui siamo abituati.
Il
secondo aspetto su cui il Vangelo di oggi si sofferma è la
preghiera. In genere, sono due le situazioni in cui ci
ritroviamo nei confronti della preghiera: la prima è quella
che ci porta ad avere un rapporto con la preghiera legato
alla “pratica”, ovvero alla recita, troppo spesso meccanica,
di parole e di frasi che le nostre labbra emettono senza che
il cuore ne abbia alcuna partecipazione.
La
preghiera, invece, è un intimo dialogo con Dio, è parlare
con Lui, dire a Lui tutto ciò che siamo e abbiamo, chiedendo
conforto, aiuto, protezione, grazia... La preghiera esige
l’intimità dove il nostro cuore si apre nella confidenza più
totale alla Misericordia di Dio, che è Padre e che ci
comprende fino in fondo.
La
seconda situazione, in cui spesso ci ritroviamo, è invece
quella in cui non preghiamo mai: perché non abbiamo il tempo
per farlo, presi dalla frenesia delle nostre giornate o
perché non sappiamo pregare o, peggio, perché abbiamo perso
il gusto della preghiera. La preghiera è un elemento
fondamentale per il cristiano, è quel pane spirituale senza
cui non è possibile reggersi in piedi. La preghiera è quel
dialogo d’Amore con Dio, dove le parole sono soltanto un
elemento marginale, nel quale Lui si fa nostro “Compagno di
viaggio” e la nostra fatica è dimezzata, perché Lui porta
con noi il peso delle nostre fatiche. La preghiera è quel
sussurrare intimo fra due innamorati, è quello scambio di
confidenze e tenerezze fra due amanti, è la sorgente da cui
attingere a piene mani quella gioia che non deve mancare
nella vita dei figli di Dio.
Il terzo
aspetto su cui oggi Gesù si sofferma è il digiuno. Questa
pratica era molto attiva al tempo di Gesù, ma il risultato
era solo l’ipocrisia, perché quel digiuno non partiva dal
cuore e quindi non permetteva di raggiungere Dio, era
semplicemente una pratica esteriore. Lo stesso rischio lo
corriamo anche noi. Spesso sento molte persone “vantarsi” di
non mangiare carne per tutta la Quaresima; bene! Ma il
giorno in cui tuo marito o tua moglie decidono di mangiare
la carne tu devi digiunare non fare la “grande abbuffata di
pesce”. Lo stesso vale per chi non mangia dolci ect. (Ho
conosciuto una persona che avendo fatto il fioretto di non
mangiare dolci si faceva fare le torte salate). Per questo è
opportuno che ciascuno di noi, secondo coscienza, trovi la
forma di digiuno più adeguata alla propria persona per
vivere al meglio la Quaresima, tenendo ben presente il fatto
che il digiuno è privazione di qualcosa o di alcune cose per
capire il bisogno che abbiamo di Dio nella nostra vita.
Digiuniamo, allora, dai vizi, dal soffermarci troppo davanti
alla televisione o al computer, da qualche lettura non
edificante, da un divertimento sfrenato, dal pettegolezzo,
dal giudicare le persone, dal trattare i fratelli come se
fossero nostri servi... Digiuniamo dal “dolce far niente”,
che rischia di diventare ozio o accidia, per dedicare questo
tempo “sprecato” alle necessità dei fratelli; digiuniamo da
alcuni cibi per dare quello che non si è mangiato o il suo
equivalente, a chi non ne ha.
Però “…quando
tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la
gente non veda che tu digiuni…” cioè fallo nel
nascondimento. Il motivo è semplice: non si tratta di
metterci in rapporto con noi stessi, di contabilizzare i
nostri sforzi e le nostre vittorie; non si tratta neanche di
metterci in relazione con gli altri per dare spettacolo, per
farci vedere. Coloro che agiscono in questo modo hanno già
ricevuto la ricompensa, poiché la stima degli uomini annulla
e rende superflua la grazia di Dio. Fare elemosina, pregare,
digiunare mirano a ri-unirci al Padre, ri-metterci in
contatto con Lui, farci entrare nel suo campo visivo.
Gesù
denuncia con forza il possibile snaturamento di questi gesti
di penitenza che rischiano di diventare occasione di
allontanamento da Dio. Vi è infatti una maniera di dare che
non genera l’amore, ma il compiacimento di sé. Vi è una
preghiera che non è volta verso Dio, ma all’autoesaltazione
di colui che la ostenta. Vi è un digiuno che non esprime la
rinuncia ai desideri troppo umani, ma l’esaltazione di
questi desideri. Per questa strada la Quaresima che inizia
non conduce da nessuna parte.
Accostiamoci, dunque, a ricevere le ceneri che sono quello
che resta di ciò che è stato bruciato, consumato, distrutto;
ceneri che parlano del nostro peccato, della nostra
fragilità, di ciò che ha intaccato e deturpato la nostra
vita. Ricevendole sul nostro capo diciamo a Dio che vogliamo
seriamente lasciarci lavare dalla sua Grazia e dalla sua
Misericordia; diciamo a Dio che vogliamo assumere, in tutta
coscienza, l’impegno a cambiare la nostra vita, per darle il
senso giusto, quello per cui Lui ci ha creato, andando a
scoprire la dignità e la bellezza di essere i suoi figli.
Buona
Quaresima.