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Riflessione sul Vangelo Festivo

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

20 Dicembre 2009 - IV Domenica di Avvento (Anno C)

Pubblicato: martedì 8 dicembre 2009

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

Nella Liturgia di questa IV Domenica di Avvento esce di scena Giovanni il Battista per far posto a Colei che celebreremo solennemente come “Madre di Dio”, l’ottavo giorno dopo Natale, ma che già, in questa domenica, emerge in tutta la sua singolare grandezza di vergine e madre: Maria di Nazareth.

Come ogni buon ebreo, anche Maria era in attesa del Messia, ma era lontana dal pensare che, proprio in lei, l’attesa di un intero popolo, avrebbe preso forma perché lei lo avrebbe portato in grembo, lo avrebbe sentito crescere in lei come ogni madre che attende un figlio.

La sconosciuta Maria di Nazareth sarebbe diventata la madre del Messia e, veramente, da allora “tutte le genti l’avrebbero chiamata beata”.

Elisabetta, sua cugina, è la prima persona che, accogliendola nella sua casa, la proclama “beata”. anche lei è in attesa di un figlio, ma il bimbo che porta in grembo la sua giovane cugina è ben altro: egli è il “Benedetto”, ecco perché l’anziana donna si rivolge a Maria, domandandole, stupita: “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?”.

La risposta di Maria è frutto della semplicità della sua fede ardente e profonda e nello stesso tempo è carica del Mistero grande di Dio, il Signore, l’Altissimo, che si serve di strumenti poveri e sceglie ciò che è debole e di poco valore, per operare grandi cose: “…grandi cose, ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo Nome...”.

La forza della fede di Maria e il suo abbandono al progetto di Dio si possono comprendere solo in relazione a quel Figlio, che avrebbe partorito all’umanità intera, perché fosse redenta.

Generalmente, quando pensiamo a Maria di Nazareth, diamo tutto per scontato, ma non è così; la forza, la statura morale di questa giovinetta, è simile a quella delle grandi figure femminili dell’Antico Testamento come Debora, Giuditta, Miriam. Donne eccezionali che, tuttavia, supera perché lei sola ha incarnato la categoria della “sponsalità”, categoria fondamentale della Storia della Rivelazione. Categoria privilegiata da Dio per rivelarci tutto il suo “Amore”  per l’uomo.

Maria, la sposa del carpentiere, è quella “donna” promessa fin dalle origini: “...porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe, e la sua stirpe: essa ti schiaccerà la testa...! (Gn.3,15).

Maria è la donna annunciata dai profeti: “Ecco, scrive Isaia, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” ( Is..7,14)

Maria è la madre di cui anche Michea parla, come leggiamo nella seconda lettura di questa domenica: «…Perciò Dio li metterà in potere altrui, fino a quando colei che deve partorire, partorirà; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele».

Questo è l’agire di Dio: dal piccolo villaggio di Betlemme, e da una giovinetta, di modestissima famiglia, senza prestigio nell’ambiente in cui vive, darà al mondo, il Salvatore, il Forte, il Re di Israele, il Principe della pace, Colui che è la vera Pace.

È quello che qualcuno ha definito: “il miracolo dei miracoli”, perché la bassezza, la piccolezza e l’insignificanza, nelle mani dell’Altissimo, e per la potenza del suo amore, sono elevati ad altezze impensabili.

Di questo miracolo è testimone autorevole e singolare, la Vergine, la giovane madre del Figlio di Dio che, appassionatamente e con forza proclama: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva...grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente...”, e ha rovesciato i potenti, ha rimandato i ricchi e disperso i superbi, per risollevare gli umili, i poveri e gli ultimi della terra, quanti sperano in Lui e a Lui obbediscono, con amore e fiducia.

Eccomi! Sono la serva del Signore; avvenga in me secondo la tua parola” (Lc.1,38) è questo l’atteggiamento fondamentale di Maria, la disposizione umile e coraggiosa che l’ha resa grande agli occhi di Dio, “piena di grazia”, ed ha operato il miracolo della sua maternità.

È questo l’atteggiamento che, ancora oggi, lei consegna ad ogni uomo o donna che voglia appartenere a Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, obbediente al Padre, fino alla morte, come recita il passo della lettera agli Ebrei, che la liturgia, oggi propone, nella seconda lettura:

Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: io vengo, poiché di me sta scritto nel rotolo, per fare, o Dio, la tua volontà»....

A quest’offerta, sappiamo, fu strettamente unita la Madre, presente, in tutta la vita del Figlio di Dio, suo figlio Gesù, fin sul Calvario, là, dove il suo coraggio di madre, e la sua fede, conobbero la prova più ardua.

Capanna di Betlemme e Calvario sono un’unica ed inscindibile verità e realtà della salvezza del genere umano, perché è lo stesso Figlio di Dio che nasce tra noi e muore tra noi per amore.

dopo aver accolto con gioia l’annuncio della sua prossima maternità e dopo aver dato l’assenso Maria, “In fretta”, si incammina senza indugiare verso la casa di Elisabetta; si muove con prontezza, speditamente, affrontando tutti gli imprevisti e i pericoli del viaggio.

E noi saremo in grado di “partire” da noi stessi, cioè di affrontare le fatiche e le privazioni di un viaggio parallelo a quello di Maria, per poter abbandonare le nostre certezze, le nostre presunte o camuffate ambizioni di affermazione per aprirci al servizio vero e sincero agli altri?

In forza dell’Avvento che ha accompagnato il nostro cammino abbiamo avuto la “speditezza della conversione”, unica capace di favorire in noi la convinzione della presenza di Dio nella nostra vita come è avvenuto in Maria?

Se abbiamo vissuto con freddezza l’Avvento, sulla scia delle sole prerogative del consumo, del lusso o dell’affermazione, allora il Natale per noi sarà “una... festa senza festeggiato”. Avremo perduto un’occasione unica: quella dell’Avvento, che vuol dire preparazione, predisposizione e... pregustazione della gioia.

Se invece abbiamo vissuto l’Avvento come tempo di grazia che il Signore ci ha concesso per progredire nel cammino di conversione, l’evento di Betlemme apporterà in noi pace e felicità e ci condurrà ad esultare con gli altri, cioè a donarci nella gioia dell’offerta e del servizio, dell’umiltà e della rinuncia a noi stessi.

Nessuno, infatti, ha scritto qualcuno, può festeggiare il Natale senza chiedere il permesso ai poveri e ai bisognosi, ai derelitti, agli affranti, agli emarginati e agli abbandonati, perché Dio nasce da povero soprattutto per loro, svergognando chi li tratta con rifiuto, chiusura e indifferenza o peggio chi li usa per affermare se stesso. Dio sceglie ciò che è piccolo per mostrare quanto grande sia il suo amore.

 

 

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