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Riflessione sul Vangelo Festivo

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

6 Gennaio 2010 - Epifania di Nostro Signore

Pubblicato: lunedì 4 gennaio 2010

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

Oggi la Chiesa ci invita a celebrare l’Epifania, cioè la manifestazione. Una festa straordinaria che annuncia che il Messia nato nella grotta di Betlemme non è un tesoro riservato ad Israele, popolo della promessa, ma è per tutti. I Magi giungono da oriente proprio per indicare che la salvezza donata da Cristo è universale. Lui è per tutti.

Ma non basta essere vicini per incontrarlo, non basta essere nati in una nazione culturalmente cristiana o “fare delle pratiche religiose” per essere cristiani, non basta recitare rosari o appendere crocifissi in tutti gli angoli delle nostre case e nemmeno andare a Messa tutte le domeniche per dirci uomini e donne di fede. L’accoglienza di Gesù nella nostra vita esige un sì, una partenza, un desiderio, una ricerca. Cristo nostra stella ci invita a camminare dietro a Lui, a seguirLo con passo sicuro e a lasciarci riempire il cuore di quella gioia che solo Lui sa donare e che nessuno può rapirci.

Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso, e mirra”.

Così il Vangelo di Matteo racconta l’epifania di Dio nel Bambino di Betlemme, un evento sperato ed atteso, del quale, nei tempi antichi, i profeti avevano parlato a lungo.

La celebrazione dell’Epifania è un invito che ogni anno viene rivolto ad ogni uomo, perché non si arrenda nella ricerca appassionata di Dio e della sua verità, ma percorra, fino in fondo, la strada che ad essa conduce; una strada lunga e talvolta faticosa, ma sempre rischiarata da quella misteriosa “stella” che, come Matteo racconta, dà gioia al cuore e introduce nella contemplazione del Mistero di un Dio, che si è fatto simile a noi, e si offre, oggi, alla nostra contemplazione, nell’immagine di un bimbo tra le braccia della madre: “videro il bambino con Maria sua madre...

Questa è l’Epifania: una festa antica, la cui celebrazione, sembra esser precedente al Natale ed era tra le feste più importanti della cristianità; le sue origini storiche non sono molto chiare; del resto questa solennità è importante, più che per il riscontro storico, per il suo contenuto teologico che, per molto tempo, ha riunito in un’unica festa: la nascita di Cristo, il suo battesimo, l’arrivo dei Magi e le nozze di Cana.

Di questa sintesi si trova ancora una traccia nei testi della Liturgia delle Ore; così infatti canta l’ inno dei Vespri:

I magi vanno a Betlem e una stella li guida ........................

Il Figlio dell’ Altissimo s’immerge nel Giordano, ..........................

Nuovo prodigio a Cana, versan vino le anfore”;

mentre l’antifona al cantico del “Benedictus” recita: “Oggi, la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo suo Sposo; accorrono i Magi, con doni, alle nozze regali, e l’acqua, cambiata in vino, rallegra la mensa”.

Col passar dei secoli, i tre eventi hanno avuto una celebrazione propria, in modo che i diversi aspetti dell’unico mistero di Cristo, Figlio di Dio e Redentore, fossero meglio contemplati dai credenti e il loro significato approfondito.

Il segno privilegiato di questa festa è la stella: quella cometa, comparsa sulla grotta di Betlemme che, storica o no, rappresenta la luce di Cristo. essa è il segno che il Figlio di Dio, incontrato dai pastori prima, e poi dai Magi, è la Luce vera che illumina il mondo, quella luce che ogni uomo desidera, nella propria vita.

Questa luce, il Verbo incarnato in Cristo Gesù, è quella stessa luce, che Isaia aveva come visto, dal suo lontano tempo, quando disse quelle parole stupende, ricche di poesia, che oggi la liturgia ci fa rileggere nella prima Lettura: “Alzati, rivèstiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te... ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te...cammineranno le nazioni alla tua luce...guarda, i tuoi figli vengono da lontano...”.

Quella luce, da duemila anni, illumina la storia dell’uomo ed indica ad ogni uomo la via della salvezza e della pace.

È vero che a tanti la verità di Cristo non è ancora giunta, come è vero che molti l’hanno rifiutata e, in diversi modi, tradita, sostituendo ad essa, altre sorgenti di luce fittizia, che non consentono di costruire un mondo giusto e solidale ma che, proprio per questo, ha bisogno di salvezza.

La comparsa della stella non è un evento astronomico, da collocare nel tempo; la stella dell’Epifania non è apparsa solo in un lontano passato, essa è sempre presente col suo splendore, ma solo chi ha nostalgia di Dio e della sua Verità, può scorgerla e seguirla.

La “stella” è legata al desiderio di conoscenza e di incontro, al quale Dio risponde, rivelandosi al cuore e alla mente di chi lo cerchi. per ognuno, infatti, c’è una “stella”, una parola, un segno, perché Dio parla personalmente ad ogni figlio, e risponde alla sua ansia di verità, con la luce dello Spirito, che rivela la presenza salvifica del Cristo, vero uomo e vero Dio.

Il termine ebraico “stella” kokhab è molto bello e denso di significato; le lettere che lo formano, infatti, ci svelano l’immensità della presenza che questi elementi celesti portano in sé. Troviamo due caf, che significano “mano” e che racchiudono in sé una waw, cioè l’uomo, inteso nella sua struttura vitale, nella sua colonna vertebrale, che lo mantiene in posizione eretta, che lo fa salire verso il cielo, verso il contatto col suo Dio e Creatore. Dunque, dentro le stelle, appaiono due mani, caf e caf, che stringono in sé, con amore, l’uomo: sono le mani di Dio, che mai cessano di sostenerci, basta che noi ci affidiamo ad esse. Infine compare la lettera bet, che è la casa. Le stelle ci parlano, allora, del nostro viaggio verso casa, del nostro continuo migrare e ritornare là, da dove siamo venuti fin dal giorno della nostra creazione.

Anche l’evangelista riprende il termine casa e precisa che “entrati nella casa, i Magi videro il bambino con Maria, sua madre”. Questo termine “casa” viene interpretato dagli esegeti come il luogo dell’accoglienza, della comunione e della fraternità universale nel quale si riuniscono uomini, popoli, etnie e culture differenti. Viene quindi identificata con la Chiesa, che di fatto scaturisce dall’alleanza del sangue di Cristo che riscatta l’umanità ed è formata dalla comunione in Lui di tutti gli uomini di ogni provenienza: la chiesa è luogo di cattolicità, ossia di accoglienza indiscriminata di ogni uomo e di apertura verso la molteplicità delle culture nonché centro di comunione e di raccolta, dei dispersi, nel mistero dell’Incarnazione del Dio fanciullo.

i tre doni portati dai Magi esprimono come da parte loro, i Magi, riconoscano in quel Bambino il Sovrano universale e incontrastato (oro); lo riveriscano come il Dio eterno e glorioso (incenso) e comprendano che, tuttavia, tali ineffabilità e grandezze saranno da Lui ignorate poiché si consegnerà alla morte (mirra) per il riscatto dell’umanità.

La stella, i Magi, i doni, sono i segni dell’Epifania che celebriamo, che proclamiamo a chi ancora non ha visto la luce, che è Cristo, il Dio che si dona, che è venuto, e resta come dono per l’uomo, dono della figliolanza, dono dell’eterna e beata comunione col Padre. il Figlio di Dio che attende sempre che da lontano arrivino tutti quei figli, redenti dal suo sangue, e portino non doni, segno di una qualche ricchezza, ma portino in dono sé stessi, il loro amore e la loro adorazione, all’unico Dio che è Padre e Salvatore.

Chiediamo al “bambino con Maria sua madre” che mandi ora su di noi, il suo Spirito Santo, il suo Amore di luce e di fuoco, perché possa condurci lungo la via santa della Salvezza; possiamo anche noi uscire dalle nostre “prigionie” per metterci in viaggio alla ricerca di Lui; possiamo riconoscere la stella che Lui accende, come segno del suo amore, sul nostro cammino, per seguirla senza stancarci, con intensità, con l’impegno della nostra vita; possiamo anche noi, finalmente, entrare nella sua casa e lì vederLo; possiamo piegarci, con umiltà, davanti a Lui, per adorarLo e consegnare a Lui la nostra vita, tutto ciò che siamo e che abbiamo. E, infine, per sua grazia, possiamo ritornare per una via nuova, senza passare più per i vecchi sentieri del peccato.

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Ultimo aggiornamento: 04-01-10