Oggi la Chiesa ci invita a celebrare l’Epifania, cioè la
manifestazione. Una festa straordinaria che annuncia che il
Messia nato nella grotta di Betlemme non è un tesoro
riservato ad Israele, popolo della promessa, ma è per tutti.
I Magi giungono da oriente proprio per indicare che la
salvezza donata da Cristo è universale. Lui è per tutti.
Ma non basta essere vicini
per incontrarlo, non basta essere nati in una nazione
culturalmente cristiana o “fare delle pratiche religiose”
per essere cristiani, non basta recitare rosari o appendere
crocifissi in tutti gli angoli delle nostre case e nemmeno
andare a Messa tutte le domeniche per dirci uomini e donne
di fede. L’accoglienza di Gesù nella nostra vita esige un
sì, una partenza, un desiderio, una ricerca. Cristo nostra
stella ci invita a camminare dietro a Lui, a seguirLo con
passo sicuro e a lasciarci riempire il cuore di quella gioia
che solo Lui sa donare e che nessuno può rapirci.
“Al vedere la stella, essi
provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro
il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono.
Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro,
incenso, e mirra”.
Così il Vangelo di Matteo
racconta l’epifania di Dio nel Bambino di Betlemme, un
evento sperato ed atteso, del quale, nei tempi antichi, i
profeti avevano parlato a lungo.
La celebrazione dell’Epifania
è un invito che ogni anno viene rivolto ad ogni uomo, perché
non si arrenda nella ricerca appassionata di Dio e della sua
verità, ma percorra, fino in fondo, la strada che ad essa
conduce; una strada lunga e talvolta faticosa, ma sempre
rischiarata da quella misteriosa “stella” che, come Matteo
racconta, dà gioia al cuore e introduce nella contemplazione
del Mistero di un Dio, che si è fatto simile a noi, e si
offre, oggi, alla nostra contemplazione, nell’immagine di un
bimbo tra le braccia della madre: “videro il bambino con
Maria sua madre...”
Questa è l’Epifania: una
festa antica, la cui celebrazione, sembra esser precedente
al Natale ed era tra le feste più importanti della
cristianità; le sue origini storiche non sono molto chiare;
del resto questa solennità è importante, più che per il
riscontro storico, per il suo contenuto teologico che, per
molto tempo, ha riunito in un’unica festa: la nascita di
Cristo, il suo battesimo, l’arrivo dei Magi e le nozze di
Cana.
Di questa sintesi si trova
ancora una traccia nei testi della Liturgia delle Ore; così
infatti canta l’ inno dei Vespri:
“I
magi vanno a Betlem e una stella li guida
........................
Il Figlio dell’ Altissimo
s’immerge nel Giordano, ..........................
Nuovo prodigio a
Cana, versan vino le anfore”;
mentre l’antifona al cantico
del “Benedictus” recita: “Oggi, la Chiesa, lavata dalla
colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo suo Sposo;
accorrono i Magi, con doni, alle nozze regali, e l’acqua,
cambiata in vino, rallegra la mensa”.
Col passar dei secoli, i tre
eventi hanno avuto una celebrazione propria, in modo che i
diversi aspetti dell’unico mistero di Cristo, Figlio di Dio
e Redentore, fossero meglio contemplati dai credenti e il
loro significato approfondito.
Il segno privilegiato di
questa festa è la stella: quella cometa, comparsa sulla
grotta di Betlemme che, storica o no, rappresenta la luce di
Cristo. essa è
il segno che il Figlio di Dio, incontrato dai pastori prima,
e poi dai Magi, è la Luce vera che illumina il mondo, quella
luce che ogni uomo desidera, nella propria vita.
Questa luce, il Verbo
incarnato in Cristo Gesù, è quella stessa luce, che Isaia
aveva come visto, dal suo lontano tempo, quando disse quelle
parole stupende, ricche di poesia, che oggi la liturgia ci
fa rileggere nella prima Lettura: “Alzati, rivèstiti di
luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla
sopra di te... ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia
fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te...cammineranno le nazioni alla
tua luce...guarda, i tuoi figli vengono da lontano...”.
Quella luce, da duemila anni,
illumina la storia dell’uomo ed indica ad ogni uomo la via
della salvezza e della pace.
È vero che a tanti la verità
di Cristo non è ancora giunta, come è vero che molti l’hanno
rifiutata e, in diversi modi, tradita, sostituendo ad essa,
altre sorgenti di luce fittizia, che non consentono di
costruire un mondo giusto e solidale ma che, proprio per
questo, ha bisogno di salvezza.
La comparsa della stella non
è un evento astronomico, da collocare nel tempo; la stella
dell’Epifania non è apparsa solo in un lontano passato, essa
è sempre presente col suo splendore, ma solo chi ha
nostalgia di Dio e della sua Verità, può scorgerla e
seguirla.
La “stella” è legata al
desiderio di conoscenza e di incontro, al quale Dio
risponde, rivelandosi al cuore e alla mente di chi lo
cerchi. per
ognuno, infatti, c’è una “stella”, una parola, un segno,
perché Dio parla personalmente ad ogni figlio, e risponde
alla sua ansia di verità, con la luce dello Spirito, che
rivela la presenza salvifica del Cristo, vero uomo e vero
Dio.
Il termine ebraico “stella”
kokhab è molto bello e denso di significato; le lettere che
lo formano, infatti, ci svelano l’immensità della presenza
che questi elementi celesti portano in sé. Troviamo due caf,
che significano “mano” e che racchiudono in sé una waw, cioè
l’uomo, inteso nella sua struttura vitale, nella sua colonna
vertebrale, che lo mantiene in posizione eretta, che lo fa
salire verso il cielo, verso il contatto col suo Dio e
Creatore. Dunque, dentro le stelle, appaiono due mani, caf e
caf, che stringono in sé, con amore, l’uomo: sono le mani di
Dio, che mai cessano di sostenerci, basta che noi ci
affidiamo ad esse. Infine compare la lettera bet, che è la
casa. Le stelle ci parlano, allora, del nostro viaggio verso
casa, del nostro continuo migrare e ritornare là, da dove
siamo venuti fin dal giorno della nostra creazione.
Anche
l’evangelista riprende il termine casa e precisa che “entrati
nella casa, i Magi videro il bambino con Maria, sua madre”.
Questo termine “casa” viene interpretato dagli esegeti come
il luogo dell’accoglienza, della comunione e della
fraternità universale nel quale si riuniscono uomini,
popoli, etnie e culture differenti. Viene quindi
identificata con la Chiesa, che di fatto scaturisce
dall’alleanza del sangue
di Cristo che riscatta l’umanità ed è formata dalla
comunione in Lui di tutti gli uomini di ogni provenienza: la
chiesa è luogo
di cattolicità, ossia di accoglienza indiscriminata di ogni
uomo e di apertura verso la molteplicità delle culture
nonché centro di comunione e di raccolta, dei dispersi, nel
mistero dell’Incarnazione del Dio fanciullo.
i
tre doni portati dai Magi esprimono come da parte loro, i
Magi, riconoscano in quel Bambino il Sovrano universale e
incontrastato (oro); lo riveriscano come il Dio eterno e
glorioso (incenso) e comprendano che, tuttavia, tali
ineffabilità e grandezze saranno da Lui ignorate poiché si
consegnerà alla morte (mirra) per il riscatto dell’umanità.
La stella, i Magi, i doni,
sono i segni dell’Epifania che celebriamo, che proclamiamo a
chi ancora non ha visto la luce, che è Cristo, il Dio che si
dona, che è venuto, e resta come dono per l’uomo, dono della
figliolanza, dono dell’eterna e beata comunione col Padre.
il Figlio di
Dio che attende sempre che da lontano arrivino tutti quei
figli, redenti dal suo sangue, e portino non doni, segno di
una qualche ricchezza, ma portino in dono sé stessi, il loro
amore e la loro adorazione, all’unico Dio che è Padre e
Salvatore.
Chiediamo al “bambino
con Maria sua madre”
che mandi ora su di noi, il suo Spirito Santo, il suo Amore
di luce e di fuoco, perché possa condurci lungo la via santa
della Salvezza; possiamo anche noi uscire dalle nostre
“prigionie” per metterci in viaggio alla ricerca di Lui;
possiamo riconoscere la stella che Lui accende, come segno
del suo amore, sul nostro cammino, per seguirla senza
stancarci, con intensità, con l’impegno della nostra vita;
possiamo anche noi, finalmente, entrare nella sua casa e lì
vederLo; possiamo piegarci, con umiltà, davanti a Lui, per
adorarLo e consegnare a Lui la nostra vita, tutto ciò che
siamo e che abbiamo. E, infine, per sua grazia, possiamo
ritornare per una via nuova, senza passare più per i vecchi
sentieri del peccato.