Riflessione sul Vangelo Festivo
a cura del Diacono Gaetano Bellino
Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)
6 Dicembre 2009 -
2^ Domenica di Avvento (Anno C)
Pubblicato:
lunedì 30 novembre 2009
Se vuoi,
prima di leggere la riflessione,
clicca qui per le letture
dal Lezionario
In questa
II^ Domenica di Avvento si fa nostro compagno di viaggio,
nel cammino di preparazione al Santo Natale, Giovanni il
battista, il precursore del Messia.
È una
figura speciale, straordinaria, una personalità coraggiosa
che grida nel deserto ed invita a preparare la strada al
Signore che viene. Un invito rivolto a tutti e specialmente
a quanti vivono l’esperienza del deserto morale e interiore,
ai senza Dio e ai senza speranza, ma anche a quanti pensano
di avere Dio nel proprio cuore e nella propria prospettiva
di vita, quando in realtà hanno solo l’io, se stessi.
Giovanni
il Battista è la voce che grida nel deserto di ogni uomo e
invita a preparare la strada, eliminando ogni ostacolo a
livello interiore e personale, perché il Signore entri
davvero nella nostra vita.
Giovanni
predicava un battesimo di conversione e di preparazione a
ricevere il perdono, quel perdono che l’umanità riceverà
nella sua totalità e per sempre con la morte in croce e con
la risurrezione del Signore.
Il brano
del Vangelo di Luca riporta una lunga lista di date,
affollata di personaggi, lontani nel tempo, e che sembrano
dire poco o niente a chi non sia appassionato di storia.
Sono dati sui quali saremmo tentati di sorvolare ma che
hanno una notevole importanza, perché ci dicono che Cristo
Gesù è il Redentore di ogni uomo di ogni tempo.
«Nell’anno
decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio
Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della
Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e
della Traconitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i
sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su
Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse
tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di
conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel
libro degli oracoli del profeta Isaia: “Voce di uno che
grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate
i suoi sentieri! Ogni burrone sia riempito, ogni monte e
ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i
luoghi impervi spianati. Ogni uomo vedrà la salvezza di
Dio!”».
I
riferimenti storici richiamati dall’evangelista ci dicono
che Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, promesso fin dalle
origini e incarnatosi in un determinato momento storico, del
quale conosciamo personaggi e date, non è un mito che viene
a noi da un passato ormai remoto, non è neppure un’idea,
bella, consolante, ma pur sempre idea, o ideale, ma è una
realtà storica, concreta, con precise coordinate
spazio-temporali e storiche; realtà, che è entrata e resta,
operante nell’intera vicenda umana e nella storia di ognuno
di noi.
In questo
Avvento annuale, allora, anche noi dobbiamo metterci in
ascolto della voce profetica e coraggiosa del Precursore che
ci chiede di dare una risposta sincera ed autentica al
Signore che viene incontro a ciascuno di noi e vuole parlare
al cuore di ciascuno di noi, perché il deserto in cui spesso
ci troviamo venga sostituito con un prato fiorito di
speranza e carità.
Dobbiamo
deciderci una buona volta: dobbiamo radere al suolo le
montagne dell’orgoglio e dell’invidia, riempire le voragini
scavate dall’indifferenza e dalla pigrizia, raddrizzare i
sentieri di tanti nostri compromessi che ci fanno procedere
a zig-zag nel cammino di crescita spirituale.
Di
Giovanni il battista Luca scrive: “la Parola di Dio scese”,
perché, nel deserto inospitale della Storia, egli preparasse
una via al Redentore, una via nel cuore degli uomini. Oggi,
attraverso questa pagina di Vangelo, Giovanni grida nel
deserto della nostra storia perché ognuno di noi si prepari
all’incontro con il Messia che viene; lasciamo, allora, che
la Parola scenda anche su di noi perché ci liberi dal
peccato e dall’idolatria della superbia e del potere, dal
desiderio di ammirazione o da quant’altro ci impedisce
l’incontro e l’accoglienza del Dio che salva e che viene a
noi uomo tra gli uomini.
L’Avvento
di Gesù apre il cuore alla speranza e alla vera gioia e
felicità, come ci ricorda il profeta Baruc nella Prima
Lettura di oggi:
«Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e
dell’afflizione, rivestiti dello splendore della gloria che
ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della
giustizia di Dio, metti sul capo il diadema di gloria
dell’Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore ad ogni
creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre:
“Pace della giustizia e gloria della pietà”. Sorgi, o
Gerusalemme, e stà in piedi sull’altura e guarda verso
oriente; vedi i tuoi figli riuniti da occidente ad oriente,
alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si
sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora
Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale.
Poiché Dio ha stabilito di spianare ogni alta montagna e le
rupi secolari, di colmare le valli e spianare la terra,
perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche
le selve e ogni albero odoroso faranno ombra ad Israele per
comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla
luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia
che vengono da lui»
L’invito
che ci rivolge il Profeta è di deporre la veste del lutto e
dell’afflizione in attesa del Messia. Un invito non facile
da accettare quando la nostra umanità è caratterizzata da
tante realtà di lutto e di morte, con le violenze, le
ingiustizie, le guerre, le oppressioni, la fame, la miseria,
l’offesa, la vergogna, la depravazione e quant’altro di
negativo che l’uomo può fare in questo mondo.
Storicamente le parole del profeta, come quelle del salmo
responsoriale, fanno riferimento al ritorno da Babilonia
degli ebrei deportati, che avevano vissuto ancora una volta
l’amara schiavitù in un paese straniero, con la nostalgia
della loro patria e col desiderio ardente della loro
liberazione e della loro riunificazione attorno al Messia
nella città santa, Gerusalemme, che il profeta vede, qui,
come una madre, che ormai non ha più motivo di piangere, né
di vestire il lutto, perché i suoi figli le vengono
ricondotti, esultanti nella gloria del Signore. È giunto
anche per noi il momento della liberazione dalla schiavitù
del peccato che ci ha condotti in esilio lontano dal Signore
(la nostra Babilonia) per far ritorno alla nostra patria,
vita di grazia che Gesù ci ha acquistato con la sua morte in
croce. Quello che le parole del profeta dicono oggi a noi è
che dobbiamo riporre ogni nostro legittimo desiderio di
felicità e gioia vera in Dio da cui ci viene la speranza
della vita e della risurrezione.
E sul
tema della gioia, della carità, dell’attesa serena e
produttrice di bene e di giustizia vera del Salvatore si
incentra il testo della seconda lettura, tratto dalla
Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi:
«Fratelli,
prego sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a
motivo della vostra cooperazione alla diffusione del vangelo
dal primo giorno fino al presente, e sono persuaso che colui
che ha iniziato in voi quest’opera buona la porterà a
compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Dio mi è testimone
del profondo affetto che ho per tutti voi nell’amore di
Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità si
arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di
discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio
ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo,
ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per
mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio».
San Paolo
mostra la sua gioia ai filippesi per la collaborazione che
hanno prestato al Vangelo, cioè alla Parola di Dio
trasformata in Buona Novella per gli uomini, a partire dal
primo giorno fino ad oggi.
Tutti
siamo chiamati a collaborare con il Vangelo, con la Parola
della Buona Novella, perché giunga a tutti i confini del
mondo.
Usiamo
questo tempo di preparazione al Santo Natale preparando nel
nostro cuore la strada a Gesù che viene a portarci, con la
tenerezza di un bambino umile e silenzioso, la dolcezza del
sorriso di Dio.
E come
sarebbe bello se il Signore, venendo, ci esprimesse la sua
gioia per la collaborazione che abbiamo prestato alla Parola
di Dio incarnata, cioè a Lui e al suo Vangelo.
|