PARROCCHIA SAN FRANCESCO D'ASSISI
LA CHIESA
La chiesa di san Francesco
d'Assisi fu
costruita nel 1727 a seguito dell'autorizzazione alla fondazione del
Convento dei Cappucci, avuta con bolla pontificia del 1722; è ad una sola navata, una sola porta
centrale, ed è posta in un punto alto del paese dove si
pensa ci siano stati i primi insediamenti abitativi.
Con decreto
del Vescovo di Agrigento
Mons. Giovanni Battista Peruzzo il 20 marzo 1948 la chiesa
venne eretta a Parrocchia, venne nominato primo parroco Don
Girolamo Amantia che venne sostituito il 1 luglio 1969 da
Don Giovanni Di Liberto che rimase parroco fino al 1981
quando venne nominato Arciprete della Madre Chiesa. Dopo
tale nomina, per un breve periodo, è stato parroco
l'attuale Vicario Generale dell'Arcidiocesi di Agrigento, Don Melchiorre Vutera, e
poi Don Giuseppe Argento fino a quando, nel 1991, è stato
nominato
Amministratore Parrocchiale l'Arciprete Don Giovanni Di
Liberto.
Nell’interno
della chiesa, interamente restaurato nell’anno 2002, vi sono, nel lato
destro, guardando l'altare centrale, tre cappelle,
nella prima è collocata una statua di Santa Chiara d'Assisi,
acquistata, nell'anno 2008, dall'Arciprete Don Giovanni Di
Liberto su iniziativa e raccolta di alcuni fedeli della
comunità, nella seconda cappella sono custodite, sopra
l'altare centrale, la statua della Madonna del Silenzio, in una
piccola nicchia ricavata nella stessa cappella un piccola
statua dell'Ecce Homo e in centro alla cappella si trova il fonte
battesimale, a seguire, sempre nel lato destro, nella terza
cappella è collocato il gruppo statuario che rappresenta la
Crocifissione, con Gesù crocifisso e, ai lati, le statue
della Madonna Addolorata e della Veronica, quest'ultima
statua viene portata in processione nelle celebrazioni del
venerdì Santo.
Sempre guardando l'altare,
nel lato sinistro della chiesa, in una nicchia,
di fronte alla statua di Santa Chiara, è allocata la statua
di San Francesco d'Assisi e, a seguire, sui muri che
insistono tra le arcate, su uno sbalzo, la statua di San
Giuseppe ed nell'arcata successiva una grande tela di cui
parleremo ampiamente dopo.
Le statue di
San Francesco d'Assisi, di San Giuseppe, della Madonna del
Silenzio e dell'Ecce Homo sono in legno e realizzare dallo
scultore castelterminese Michele Caltagirone, inteso
Quarantino, mentre la statua di Santa Chiara, è in
vetroresina, decorata a mano con colori ad olio mentre
l'ostensorio è rivestito di oro zecchino in foglie.
Nell'altare
maggiore, vi è un bellissimo Tabernacolo scolpito in legno
di bosso da Fra Fedele Pizzuto da Casteltermini. All'interno
della chiesa si possono ammirare delle bellissime tele
realizzate da
Padre Fedele Tirrito da San Biagio Platani.
LE TELE
MADONNA CON ANGELI E SANTI
(o Porziuncola)
di Padre Fedele Tirrito
Olio su tela, cm 360x250
1759-1762
La pala
dell'altare maggiore risale al periodo in cui il pittore
ricopriva in questa chiesa l’incarico di padre
guardiano tra il 1759 e il 1762. La tela della Madonna con
angeli e santi è nota anche come la Porziuncola,
probabilmente perché i lavori di edificazione del convento e
della chiesa iniziarono il 2 Agosto del 1722, giorno in cui
la comunità francescana celebra la solennità di Santa Maria
degli Angeli alla Porziuncola; ad attestare la veridicità di
quanto detto è lo storico castelterminese Francesco Lo Bue
in “Uomini e fatti di Casteltermini nella storia moderna e
contemporanea”. L’opera mostra un impianto strutturale
particolarmente complesso rispetto alle altre tele presenti
nel luogo sacro. La composizione si articola in due registri
sovrapposti: quello superiore mostra la Vergine tra angeli e
cherubini, mentre quello in basso rappresenta figure di
santi. L’impianto è inoltre suddiviso da due diagonali il
cui punto di intersezione è la Madonna. In questa ardua
composizione Padre Fedele riesce a raggiungere un completo
ed eccellente equilibrio formale nella simmetria tra le
parti; nonostante la struttura sia articolata su un rigido
schema piramidale, tale rigidità sembra essere attenuata
dall’agitarsi tenue delle vesti, esercizio acquisito
sicuramente durante il periodo di studi artistici presso il
Conca. Lo spazio è diviso ma questa volta sul piano
cromatico: il lato di sinistra è traboccante di luce e di
vivaci tonalità, quello opposto di destra presenta invece
cromie abbastanza scure e brune, armonizzate in maniera
eccellente dalle vesti bianche della Vergine. Il cappuccino
ottenne tali risultati sia per il suo talento pittorico
naturale sia perché aveva alle spalle una solida
preparazione teorica. Infatti era convinto che per le grandi
pale d’altare molto doveva essere affidato al sapiente uso
dei chiaroscuri nelle pieghe dei panneggi e nelle masse
luminose, per far in modo che vi fosse un’armonia e un
equilibrio in tutta la composizione. La scena si svolge in
un esterno, ciò viene suggerito dalle sfumate cromie del
cielo, che sembra annunciare un’imminente tramonto, e da un
paesaggio modulato da profili di colline in lontananza. I
personaggi sono contraddistinti da un’attenta descrizione e
interpretazione, non viene tralasciato alcun particolare, ma
vi è anzi una voluta e studiata ricerca del dettaglio. La
Madonna è identificata come l’Immacolata e gli attributi
iconografici che le vengono assegnati sono una corona di
dodici stelle e il piede su una mezzaluna. Inoltre la
Vergine ha le mani incrociate sul petto e gli occhi rivolti
verso il basso, perché sta discendendo dall’alto per
redimere gli uomini. Alla sua destra San Michele Arcangelo
indossa elmo e corazza, mentre nella mano destra tiene la
spada. Sul piano inferiore, in terra, bramano la vista della
Madonna: San Francesco, Santa Chiara e Santa Cristina da
Bolsena con i rispettivi attributi iconografici: la croce il
primo, l’ostensorio Santa Chiara e il fascio di frecce Santa
Cristina. A sinistra, sullo stesso piano, Padre Fedele
raffigura invece San Gerolamo con in mano il libro sacro e
ai piedi un cappello e un mantello, simboli della dignità
cardinalizia rifiutata dal santo per intraprendere la vita
da eremita; al suo fianco un altro santo che addita alla
Madonna e che rimanda al San Pietro raffigurato nell’
Immacolata e santi di Guglielmo Borremans alla cattedrale di
Caltanissetta e che per la presenza del
leone al suo fianco và identificato con l’Evangelista Marco.
Ultimo particolare da notare è l’angioletto a sinistra
vicino alla Madonna, che quasi per scherzo si nasconde sotto
il suo manto; tale angelo rimanda ai puttini scolpiti da
Giacomo Serpotta a Palermo, artista che
sicuramente il frate sanbiagese conosceva.
Bibliografia:
- Francesco Lo Bue,Uomini e
fatti di Casteltermini nella storia moderna e contemporanea,
Palermo,1985,VolumeI.
- Scheda nr 6, catalogo opere della mostra, a cura di S.Dell’Aira
in Padre fedele da San Biagio,.Salvatore Sciascia editore,
Bagheria (Palermo),2002,(pag 214-215).
[scritto da
Dott. Arianna Baiamonte]
MADONNA CON BAMBINO E I SANTI
FRANCESCO D’ASSISI ED ANTONIO DA PADOVA
di Padre Fedele Tirrito
Olio su tela, cm 140x100
1741-1742
L’opera in questione, risalente all’età giovanile di Padre Fedele, è
una delle sue prime realizzazioni a Casteltermini, forse fu
dipinta tra il 1741 e il 1742, anni in cui da poco aveva
ricevuto il sacro abito e dimorava al convento dei
cappuccini. Difatti le successive tele conservate nella
medesima chiesa verranno realizzate dal pittore negli anni
che vanno dal 1759 al 1762, quando ricoprirà l’incarico di
padre guardiano. La tela messa a confronto con le opere più
mature è manchevole delle aggraziate ed eleganti fisionomie
che le caratterizzano; ciò si percepisce nei lineamenti
marcati delle figure, che hanno una certa goffaggine. Il
dipinto, inoltre, è invaso da un senso di scarsa aderenza al
vero ed è ravvisabile:nella poca naturalezza delle pose dei
santi fermi e impacciati nei loro gesti; nella rigidità
della pennellata stesa entro contorni ben delineati e poco
sfumati;nell’inadeguata adesione alla realtà dell’andamento
dei panneggi, che sembrano così duri da esser scolpiti
invece che esser morbidi e soffici e dall’eccessiva
consistenza della nube ai piedi della Madonna. Quasi
estraneo alla scena è San Giuseppe, nascosto e adombrato da
un drappo in alto;imperfetto e gonfio è invece il collo
della Vergine, mentre poco studiata risulta la cura
anatomica e soprattutto le mani quasi grossolane e rozze
dell’angioletto, in primo piano in basso, che reca la Regola
Francescana. Anche il mancato pathos tra Sant’Antonio e il
Bambino fanno pensare a un Padre Fedele ancora inesperto,
l’opera non è pervasa dall’atmosfera di intimo raccoglimento
a cui ci abituerà il pittore ma, pur risultando
stilisticamente impacciata, già denota le innate qualità
pittoriche che il frate perfezionerà nel corso della sua
lunga produzione artistica. Segni di queste qualità
pittoriche si possono avvertire nel viso di san Francesco,
estasiato nella contemplazione della Vergine, e nelle mani
sul petto di questo, che prefigurano la tela
dell’Annunciazione fatta tra il 1769 e il 1762 per la chiesa
Madre. Degni di nota sono anche gli elementi architettonici
sulla destra e un cielo azzurro leggermente velato di
nuvole. Particolari decorativi che caratterizzeranno tutta
la carriera di Padre Fedele si possono ammirare nel rosario
del poverello d’Assisi, i cui grani sono perle formate da un
pendente cesellato nelle venature del marmo, che funge da
pavimento; nelle rifinite bordure del soffice cuscino,
agghindato da una preziosa nappa;nelle tonalità del grigio
tenue dei gigli sbocciati sul bastone di san Giuseppe; nella
fibbia del sandalo di sant’Antonio da Padova e nella
ricciuta capigliatura del Bambino Gesù. Infine va segnalata
la Madonna, centro focale della tela, che assurge qui al
ruolo dell’Odighitria, cioè guida di verità e di vita del
figlio e dei fedeli, e nello stesso tempo consegna a san
Francesco l’indulgenza plenaria che tiene nella mano destra.
Ancora una volta il dipinto si contraddistingue per una
buona resa della luce, che si equilibra grazie allo sfondo
in chiaroscuro e alle cromie più vivaci che colpiscono
soprattutto il volto della Vergine e del Bambino.
L’impostazione strutturale dell’opera è paragonabile alla
Madonna, Sant’Agata e San Francesco di Sales, realizzata da
Filippo Randazzo e oggi conservata al Palazzo Biscari di
Catania.
Bibliografia:
- Francesco Lo Bue, Uomini e
fatti di casteltermini nella storia moderna e contemporanea, Palermo,1985,VolumeII.
- Scheda nr 5, a cura di
M.R.Basta,catalogo opere,Padre Fedele da San biagio,Salvatore
Sciascia editore,Bagheria (Palermo), 2002 (pag.212).
- Padre Pietro
Roccaforte,Padre Fedele da San Biagio pittore e letterato, Flaccovio editore, Palermo, 1968.
[scritto da
Dott. Arianna Baiamonte]
TRANSITO DI SAN GIUSEPPE
di Padre Fedele Tirrito
Olio su tela, cm245x165
1759-1762
La tela è collocata
sulla parete destra del coro; probabilmente fu dipinta tra
il 1759 e il 1762, periodo in cui Padre Fedele fu padre
guardiano al convento dei cappuccini. Protagonisti della
scena sono: San Giuseppe semidisteso, la Madonna al suo
fianco e Cristo in piedi benedicente, che qui non
rappresenta il figlio ma si eleva a ruolo di Padre salvatore. Il
tema del transito, cioè il passaggio dalla vita alla morte,
non viene trattato dal pittore in maniera tragica e
drammatica, ma al contrario tutta la scena è invasa da una
solenne e calma serenità cristiana. L’episodio, che vede per
l’ultima volta la Sacra Famiglia riunita, rivela una divina
consolazione dopo la morte. Il tutto è ambientato in un
interno, in cui a destra troviamo una colonna, mentre ai
piedi del letto un’anfora e un bacile minuziosamente
lavorato. L’attenta cura dei particolari è resa anche dal
ricamo dorato del sandalo di Cristo, dalla spilla con
pendente che orna la manica dell’angelo a sinistra, in primo
piano, e infine dall’incensiere sorretto da un angelo.
Particolari fonti di luce provengono dal volto di Cristo e
dall’alto con lo Spirito Santo incarnato in una colomba
bianca; intorno vi è un agitarsi di puttini e angeli. Vanno
segnalati infine la maestria nell’uso della linea,
ravvisabile nella cura dei panneggi egregiamente
drappeggiati, e altresì l’uso dei colori ben armonizzati ed
equilibrati.Difatti alle accese tonalità del rosso e
dell’ocra delle vesti di San Giuseppe e di Cristo
corrispondono in opposizione le cromie brune e scure di
tutta la composizione. Appaiono grandi e sproporzionati,
invece, le mani dell’angelo in ginocchio in primo piano a
sinistra e la gamba destra dell’angioletto in alto in
torsione, che ha tra le braccia un altro angioletto recante
rose e giglio bianco, attributo iconografico riferibile a
San Giuseppe.
Bibliografia:
-Francesco LoBue, Uomini e
fatti di Casteltermini nella storia moderna e
contemporanea,Palermo,1985,VolumeI.
-Scheda nr 8,catalogo opere della mostra, a cura di
M.R.Basta, Padre Fedele da San Biagio,Salvatore Sciascia
editore, Bagheria (Palermo), 2002,(pag.218).
[scritto da
Dott. Arianna Baiamonte]
GLORIA DI SAN FEDELE DA
SIGMARINGA
di Padre Fedele Tirrito
Olio su tela, cm250x 165
1759-1762
L’opera è collocata sulla parete di sinistra del
coro e può annoverarsi tra quelle dipinte dal frate negli
anni 1759-1762, periodo in cui realizzò la maggior parte
delle tele per l’edificio sacro. L’opera è nota come
l’Estasi di San Francesco d’Assisi, ma analizzando
attentamente la composizione, l’attribuzione al tema
iconografico dell’estasi di San Francesco è errata, poiché
questo prevede che il santo si abbandoni misticamente tra le
braccia di un angelo dopo aver ricevuto le stigmate, ma
tutto ciò non trova riscontro con la trama pittorica
dell’opera in questione. Padre fedele raffigura il santo su
un nimbo con il viso rivolto verso l’alto, poiché sta
ascendendo al cielo dopo il martirio e allarga le braccia,
abbandonandosi alla volontà divina umilmente. Accanto a lui
degli angeli recano: spada, palma, mazza chiodata e corona,
vale a dire i simboli iconografici di martirio dello stesso
santo, il quale nel 1622 fu martirizzato in Svizzera proprio
con una mazza e una spada. I tratti somatici con cui Padre
Fedele raffigura il santo sono completamente diversi dalla
raffigurazione del santo d’Assisi realizzate nella sua
produzione pittorica castelterminese, come per esempio in
Madonna con Bambino e santi Francesco d’Assisi e Antonio da
Padova. Infine, per chiarire completamente la questione,
decisiva risultò la richiesta avanzata e ottenuta nel 1783
proprio da Padre Fedele alla Santa Sede, della donazione
delle reliquie del martire per la chiesa di San Francesco
d’Assisi e oggi custodite nella cappella del Crocifisso
all’interno di un reliquiario antropomorfico. L’impianto
compositivo della tela è piramidale, le cromie sono ben
equilibrate e variano in diverse tonalità di marrone e si
armonizzano egregiamente con i celestini squarci del cielo.
L’altra nota di colore è data dal drappo rosso indossato
dall’angelo in basso, che reca la spada e rimanda proprio al
sangue che il martire versò durante la sua missione di
evangelizzatore. Sulla sinistra uno scorcio paesaggistico
raffigura le rovine di un castello, circondato da rami e
foglie, che sembra tagliare l’angolo a sinistra della tela.
L’ambientazione esterna e i riferimenti naturalistici sono
rari nella pittura di Padre Fedele, anche se vengono
riproposte nella pala d’altare della Madonna con angeli e
Santi e nella Madonna con Bambino a santi Francesco d’Assisi
e Antonio da Padova della medesima chiesa. Sono ravvisabili
dettagli tipici della pittura del frate: il ciondolo d’oro
cesellato, pendente dalla coroncina di rosario di San
Fedele; la spilla che trattiene il suo saio e una gemma
sulla veste dell’angelo che tiene in mano la palma, simbolo
anche questo di martirio. Il dipinto trova un raffronto con
la tela di San Francesco d’Assisi in estasi, proveniente dal convento dei cappuccini di Monreale. Le
similitudini sono nella struttura compositiva e cromatica,
ma nel dipinto di Monreale l’angelo vicino a San Francesco
mostra un orientamento verso la cultura artistica
neoclassica, mentre l’angelo vicino a San Fedele di
Casteltermini presenta stilemi tardo- barocchi.
Bibliografia:
- Padre Pietro Roccaforte, Padre Fedele da San Biagio,
pittore e letterato,. Flaccovio editore,Palermo, 1968.
- Scheda nr 9,catalogo delle opere, a cura di S. Dell’Aira in
Padre Fedele da San Biagio, Salvatore Sciascia editore,
Bagheria (Palermo) ,2002 (pag.220).
[scritto da
Dott. Arianna Baiamonte]
VERGINE IMMACOLATA
di Padre Fedele Tirrito
Olio su tela, cm 130x100
1759-1762
La Vergine Immacolata fu dipinta probabilmente da Padre Fedele nel
periodo in cui fu padre Guardiano al convento dei cappuccini
di Casteltermini tra il 1759 e il 1762. Il dipinto è
collocato nella parete di sinistra della chiesa cappuccina.
Per i francescani il culto mariano è particolarmente
importante e si presuppone anche per Padre Fedele, poiché
numerosissima fu la produzione di icone mariane. La forma
della tela è ovale e ritrae l’Immacolata Concezione
attorniata da angeli e puttini; ha il viso rivolto verso
l’alto, le braccia aperte e sul capo una corona di dodici
stelle. Ritratta su una nube, tiene il piede sinistro su una
mezzaluna simbolo di castità. Gli abiti indossati, la veste
bianca e il mantello azzurro, l’angelo al suo fianco con un
drappo rosso e che tiene in mano un grande fascio di gigli
che rinviano alla purezza di Lei, sono segni tipici
dell’iconografia della Madonna. Le cromie del dipinto sono
ben armonizzate e rimandano certamente agli insegnamenti del
suo primo maestro Don Olivo. Sulla mano sinistra la Vergine
tiene una catenella e per questa motivazione l’opera è anche
nota come Madonna della Catena, come attesta anche nel
catalogo delle opere di P.Pietro Roccaforte. Nel meridione
d’Italia la tradizione popolare di questo periodo era
particolarmente legata alla Madonna della Catena, vista come
intermediaria per la liberazione dalla schiavitù terrena; ma
in realtà la catenella potrebbe essere stata aggiunta
posteriormente, e quindi non esser legata alla mano del
pittore sanbiagese. Inoltre, la consueta iconografia della
Madonna della Catena prevedeva il capo con una corona e il
Bambinello Gesù in braccio, elementi che qui non sono
presenti. Grande maestria mostra il particolare anatomico
del braccio,della mano dell’angelo a fianco alla Vergine e
della schiena nuda del puttino di spalle sapientemente
modellati. Raffronti si possono segnalare con l’Immacolata
di Sebastiano Conca, oggi alla galleria
Regionale della Sicilia. Nell’impianto compositivo e
strutturale. L’opera presenta una matura e personale
rielaborazione di istanze culturali della scuola romana
riportate in quel periodo sull’isola; per tali ragioni
l’opera entra a far parte delle tele più mature del pittore
prodotte a Casteltermini.
Bibliografia:
-Catalogo delle opere,Padre Pietro Roccaforte, in Padre
Fedele da San Biagio,pittore e letterato,. Flaccovio
editore,Palermo, 1968,(pag .40 e 125).
-Scheda nr 10,catalogo delle opere della mostra,a cura di M.
R. Basta,in Padre Fedele da San Biagio,Salvatore Sciascia
editore,Bagheria (Palermo), (pag 222-223).
[scritto da
Dott. Arianna Baiamonte]
MADONNA CON SANTI E BEATI CAPPUCCINI
di Padre Fedele Tirrito
Olio su tela, cm250x180
Postuma al 1768
Il dipinto si trova collocato sulla parete sinistra della chiesa. Seguendo il modello iconografico
tradizionale, Padre Fedele raffigura la Madonna tra santi e
beati cappuccini entro uno schema a piramide: la Vergine, al
centro, assisa su un poggiolo di nuvole, affiancata in alto
da angioletti e risplendente in tutta la sua santità, è il
vero vertice semantico della composizione. Accanto a lei il
Bambino tiene in mano lo scettro del potere e con la mano
destra compie un gesto di benedizione. Nella parte
sottostante le fanno da corona quattro francescani tra i
quali si può individuare il Beato Bernardo da Corleone,
raffigurato in prossimità della Vergine sul margine sinistro
della tela. Ancora in basso vi sono due frati privi di
attributi iconografici e pertanto non facilmente
identificabili; forse sono San Felice da Cantalice(1) e San
Lorenzo Russo da Brindisi(2), dato che San Fedele da
Sigmaringa(3), santo solitamente raffigurato nelle sue tele,
ha come attributi la palma e la mazza o la spada che qui
mancano. I due frati non possono essere identificati con San
Serafino da Montegranaro(4), perché questo divenne santo nel
1767.Incerta risulta essere la datazione di realizzazione
dell’opera; se identifichiamo nel frate vicino alla Vergine
il Beato Bernardo, allora la data di composizione è postuma
al 1768, perché proprio in quell’anno il cappuccino fu
proclamato beato; quindi la tela potrebbe essere stata
dipinta negli anni maturi; forse quando, recandosi per brevi
periodi a San Biagio Platani suo paese natale, dimorava a
Casteltermini. I frati sono colti in un atteggiamento di
adorante sollecitudine nei confronti di Gesù, unica vera via
di salvezza; San Francesco d’Assisi, recante tra le mani i
consueti gigli bianchi, guarda verso di noi. L’impianto
piramidale dell’opera, che Padre Fedele riprende dai modi di
Sebastiano Conca, viene qui reinterpretato nella sapiente
fusione con la linea circolare su cui si iscrive la corona
di santi, dalla quale promana un edificante afflato
religioso. In basso un angioletto invita al silenzio,
accanto a lui sono posti dei gigli bianchi, un libro sacro e
una rosa rossa che rimanda probabilmente alla futura
passione di Cristo. Fa da sfondo al dipinto ancora una volta
un accenno di un paesaggio e uno squarcio di cielo azzurro.
Nonostante il ripetersi del soggetto, ampiamente divulgato
nelle chiese e nei conventi cappuccini, il dipinto di
Casteltermini si distingue per un cromatismo abbastanza
pacato, il quale accorda i toni del marrone delle vesti dei
santi con il tocco pastoso e luminoso del rosa celeste, con
il manto della Madonna e delle candide e rosee carni del
Bambino egregiamente modellato. Una nota di colore si
ravvisa anche nel drappo rosso dell’angioletto in basso, nel
cielo azzurro e nelle tonalità del giallo che contornano i
visi del Bambino e della Vergine.
Bibliografia:
Giovanni Spagnolo,L’onore e
l’amore,Bernardo da Corleone 1605-1667cappuccino e santo,
Velar editore,Gorle(BG),2001.
-Padre Pietro Roccaforte, Padre Fedele da San Biagio,
pittore e letterato, Flaccovio editore,Palermo,1968,(pag.
125).
(1) - Da Biblioteca Sanctorum
volume V pag 538-539:
[scritto da
Dott. Arianna Baiamonte]
BEATO BERNARDO DA CORLEONE
di Padre Fedele Tirrito
Olio su tela, cm 110x80
Postuma al 1768
La tela,
raffigurante il Beato Bernardo da Corleone, è collocata
sulla parete sinistra della chiesa di San Francesco d’Assisi
a Casteltermini. La data di realizzazione è incerta,
sappiamo che Padre Fedele dimorò a Casteltermini tra il 1759
e il 1762, ma Padre Bernardo fu dichiarato beato il 29
aprile del 1768 da Papa Clemente XIII. L’opera probabilmente
fu dipinta in una data postuma al 1768, realizzata forse a
Palermo e collocata successivamente nella chiesa di
Casteltermini. La commissione del dipinto si lega all’antica
consuetudine di adornare i conventi cappuccini con le
immagini dei padri illustri dell’ordine. Il dipinto, che
ritrae il Beato Bernardo da Corleone a mezzobusto, si
caratterizza per la sobrietà del colore dalle tonalità basse
e smorzate. Dal fondo oscuro emerge, appena illuminato da
una luce fioca, il suo viso sereno e mite con capelli e
barba folti dai tratti addolciti. Tutto ciò è ottenuto
attraverso un sapiente effetto di chiaroscuro e di
ombreggiature, che mettono in evidenza il cingolo
francescano, le tempie, le guance scavate, la bocca e
l’espressione degli occhi fermi a guardare lo spettatore. Il
dipinto che si ascrive al periodo giovanile del pittore
sanbiagese, risulta nel complesso di modesta entità
artistica, anche se emerge l’ abilità del ritrattista di
mettere in luce l’animo del personaggio.
Bibliografia:
-Catalogo dei dipinti, Padre Pietro Roccaforte, Padre Fedele
da San Biagio, pittore e letterato, Flaccovio editore,
Palermo.1968,( pag 125).
- Giovanni Spagnolo, L’ onore e l’amore, Bernardo da
Corleone (1605-1667) cappuccino e santo. Velar editore, Gorle (BG) 2001.
[scritto da
Dott. Arianna Baiamonte]
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