50° Arciprete - Omelia del 29 giugno 2013

E così, senza nemmeno accorgermi, come in un bellissimo sogno da favola, sono trascorsi questi 50 anni di sacerdozio, 18.260 giorni, durante i quali, giorno dopo giorno,con perseveranza e senza farmi prendere dalla stanchezza della quotidianità e dalla indifferenza del fare sempre le stesse cose, ho avuto la grazia di potere celebrare:

37.250 sante messe; amministrare 1.580 battesimi; 735 matrimoni; non contiamo i tanti amici e fedeli che ho accompagnato verso il paradiso, forse con una sosta intermedia obbligata.

Leggiamo nel santo vangelo che Gesù chiamò a sé quelli che volle e ne costituì dodici che stessero con Lui e anche per mandarli a predicare.

La missione divina affidata da Cristo agli Apostoli dovrà durare fino alla fine dei secoli. Per questo gli Apostoli ebbero cura di costituirsi dei successori, che dopo di loro e come loro andassero nel mondo a predicare, ad evangelizzare.

Dio parlando al profeta Geremia gli dice: "prima di formarti nel grembo materno,io ti conoscevo" Gli antichi pensavano che Dio stesso formasse nel grembo materno il bambino e che di questo bambino egli conoscesse tutto.

Il salmo 139 dice ancora: sei Tu che creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Tu mi conosci fino in fondo.

Nella Bibbia il verbo conoscere significa che Dio stesso prende parte alla vita dell'uomo che ha creato, alle sue decisioni, alla sua crescita, alle sue gioie e alla missione che gli affida.

Ecco il sacerdote che prende parte alle gioie, ai momenti decisivi e a quelli più semplici e quotidiani degli uomini affidati alla sue cure. E' quello che ha fatto Gesù, modello di ogni sacerdote : “io sono il buon pastore, conosco le mie pecorelle e le mie pecore conoscono me”. E' quanto fa anche oggi il sacerdote nei confronti della comunità che gli è stata affidata e verso la quale manifesta tutta la sua conoscenza che è anche partecipazione.

Ancora Dio al profeta Geremia: “Prima che uscissi alla luce io ti ho consacrato” dove il verbo consacrare significa separazione: l'uomo di Dio, per dedicarsi totalmente alla missione deve separarsi, uscire di casa , dalla famiglia, dalle abitudini, e dalla stessa sua volontà.

Dio mai dimentica gli uomini che ha creato e perciò consacra per loro pastori secondo il suo cuore, che di essi si prendano cura. E' questo un richiamo forte per noi che viviamo nelle nostre comunità cristiane e spesso consideriamo il nostro tempo come tempo di crisi di tutto: crisi di valori, crisi di veri cristiani, crisi di sacerdoti, di vocazioni.

La chiamata di Dio è però sempre impegnativa.

Di fronte a questa chiamata l'uomo avverte tutta la sua debolezza e la fragilità della propria condizione e quasi esita a rispondere. Pensiamo a Mosè: “Signore io non sono un buon parlatore sono impacciato di bocca e di lingua”.

Pensiamo anche a Geremia: “Ahimè, Signore, io non so parlare, perchè sono molto giovane”. Ma su tutti questi timori ha il sopravvento la parola di Dio che assicura: “ non temere”. Pensiamo a Maria: " Non temere Maria, perchè hai trovato grazia presso Dio”. Non c'è sacerdote che non sperimenti, nel servizio ai fratelli e nelle difficoltà del suo ministero, questa stessa parola rassicuratrice (che fu anche il programma sacerdotale dell'amato Papa Giovanni Paolo II); ora beato: “non abbiate paura”.

Quando Dio chiama ci incoraggia e ci assicura e ci dice : Io sono con te.

Lo dice a Mosè nel momento in cui lo chiama ad andare a liberare i suoi connazionali dalla schiavitù egiziana “io starò dalla tua parte”.

La parola che conclude ogni episodio di chiamata nella Bibbia e nel Vangelo è: Eccomi. E' la parola più semplice e quotidiana, ma anche la più ricca teologicamente.

Pensiamo ancora al profeta Isaia: “Poi udii la voce del Signore che diceva: "chi manderò e chi andrà per noi? E io risposi: eccomi, manda me.

Allora Maria disse: eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto. Anche i sacerdoti che guidano le nostre comunità cristiane sono tali per aver risposto il loro generoso Sì –“eccomi”- al Signore che li ha chiamati.

A loro siamo grati , perché con questo " eccomi" sono diventati veramente pastori secondo il cuore di Dio, come Dio stesso ha pensato e voluto i suoi sacerdoti e come ce li ha donati.

In questa visione generale e, a dire il vero molto sintetica, io vorrei collocare la mia vocazione e la chiamata al sacerdozio.

Quante volte nel passato ragazzini, giovani e meno giovani mi hanno chiesto: come ha sentito la chiamata del Signore, perché si è fatto sacerdote? Tuttora, dopo 50 anni di sacerdozio , se qualcuno mi ponesse la stessa domanda non saprei rispondere.

E come se si domandasse ad una sposa o ad uno sposo perché ci si è innamorati l'uno dell'altro: con il Manzoni potremmo dire che il cuore ha delle ragioni, che la ragione non capisce. Da piccolo escludevo dalla mia vita tanti mestieri e tanti scopi, pur nobili e gratificanti, che mi avrebbero dato soddisfazioni.

Sono nato in via Sinatra, da dove sono usciti 3 sacerdoti e 4 suore.

Sono entrato nel Seminario di Agrigento il primo ottobre 1950, non solo per studiare, allora in paese non c'erano scuole medie e superiori, ma per scoprire che cosa il Signore voleva da me; nello studio e nella preghiera ho maturato la mia vocazione.

Sono stati 13 anni molto intensi e impegnativi, nello studio, nella preghiera, nella disciplina anche dura di quei tempi. Ci si alzava ogni mattina alle ore 5,30 e la giornata passava tra studio, preghiera, ricreazione, lunghe passeggiate fino a san Leone o Porto Empedocle, andata e ritorno a piedi.

Ci sono state grandi prove e tentazioni che hanno temprato il mio carattere e mi hanno rafforzato nella convinzione che il Signore mi voleva suo sacerdote.

Tale sono stato consacrato il 29 giugno 1963, nella Cattedrale di Agrigento, da Mons. Giovanni Battista Peruzzo assieme ad altri 8 compagni che, grazie a Dio, stiamo celebrando il nostro 50° di sacerdozio, per la verità meno uno.

Il mio ministero sacerdotale l'ho esercitato per primo quì, nella nostra chiesa Madre come collaboratore dell'Arc. Antonino Padalino per due anni, poi sono stato chiamato da Mons. Giuseppe Petralia a fare il parroco a Raffadali per cinque anni circa , lo stesso Vescovo poi mi ha mandato nella parrocchia di San Francesco d'Assisi a Casteltermini, dove sono stato per 12 anni parroco, nello stesso tempo però collaboravo in Matrice aiutando Don Giuseppe La Palerma nell' amministrazione dei sacramenti e nella catechesi alle associazioni parrocchiali. Dopo il trasferimento di Don Pino La Palerma a San Giovanni Gemini sono stato nominato da Mons. Luigi Bommarito parroco-Arciprete della Chiesa Madre il 1° settembre 1981, e sono ancora quì, fino a quando il Signore vorrà e il Vescovo disporrà.

Sono passati 32 anni, una buona porzione della vita, consacrata al servizio di tutti voi fratelli ed amici, piccoli e grandi, giovani ed anziani.

Non so se è il caso di fare un bilancio di questi anni, ma lasciamo al Signore il giudizio del nostro operato. Lui che scruta i secreti dei nostri cuori e scandaglia gli angoli più reconditi del nostro spirito.

Vorrei come la Vergine Santa cantare il mio Magnificat per tutto quello che il Signore ha operato attraverso la mia umile persona per voi e con voi in questi 32 anni di attività pastorale svolti in matrice. Ma, se i conti tornano, sono ben di più, perché tranne la breve parentesi di circa 5 anni trascorsi a Raffadali, gli altri anni li ho vissuti quì in paese.

Anche se sono stato parroco a San Francesco per 12 anni, ricorderete che collaboravo con Padre La Palerma nella catechesi alle fraternità domenicana e francescana nella amministrazione dei sacramenti e quindi sono ben 45 anni che stiamo assieme, abbiamo lavorato per rendere la nostra chiesa madre più bella e sicura non solo come struttura muraria (i primi grandi lavori sono stati la stabilità della cupola e dei tetti ) ma anche con decorazioni semplici che la rendono piacevole agli occhi ed accogliente per chi vi entra.

In questi giorni sono stati collocati l’ambone e le due bellissime vetrate, che vedete nel transetto in alto. Ma la nostra amata chiesa madre è ancora più bella perché è ricca di tutti voi come singoli e come piccole comunità, che formano la grande comunità e ne mostrano la sua vitalità spirituale: i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti, le famiglie, i gruppi e associazioni, l'oratorio, la radio e internet, l'Azione cattolica, le due fraternità, Domenicana e Francescana, i gruppi di preghiera, la Caritas il Volontariato Vincenziano, il gruppo del rinnovamento nello Spirito, tutti i catechisti per i piccoli, per i giovani e per gli adulti, i ministri straordinari della Comunione che portano tanto conforto agli ammalati e agli anziani, i due cori parrocchiali, dei giovani e degli adulti che rendono più ricca la liturgia festiva e a volte anche feriale, e per ultimi, ma soltanto in ordine di tempo e non di merito, i tanti missionari che hanno visitato tutte le famiglie della parrocchia acquisendo tanta esperienza e portando in parrocchia le tante emergenze e le varie problematiche che richiedono una risposta e interpellano tutti noi.

Non possiamo eludere i problemi e tanto meno non possiamo non farcene carico, per quanto è nelle nostre possibilità. Dobbiamo pigliare coscienza che siamo una sola comunità, una sola famiglia. La chiesa dei primi tempi dava questa grande testimonianza e da chiesa credente diventava chiesa credibile e testimoniava con la propria vita la fede nel Cristo risorto.

Abbiamo veramente motivo per ringraziare e lodare il Signore e da parte mia aggiungo il mio personale, doveroso e sentito ringraziamento per tutti voi, nessuno escluso, a cominciare dalla mia famiglia, dai miei genitori che sono in paradiso assieme ai due fratelli Vincenzo e Pietro, alla mie sorelle che mi hanno sostenuto ed amato, ai cognati, ai nipoti e pronipoti per tutte le affettuosità e delicatezze con cui mi hanno circondato.

Grazie a voi tutti collaboratori parrocchiali per i vostri saggi consigli e la vostra operosità, che mi hanno aiutato a crescere e mai farmi sentire solo e scoraggiato perché mi siete stati vicinissimi e colmato di affetto e delicatezze. Grazie di cuore. Grazie a tutte quelle persone che con spirito di fede mi hanno sostenuto con la preghiera e hanno condiviso con me le ansie pastorali, hanno portato con responsabilità il peso della carità, della catechesi e della liturgia curata con tanti piccoli segni che hanno reso più belli e comprensibili i sacri riti che abbiamo celebrato; grazie a tutti coloro che hanno spezzato il pane della Parola ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, agli adulti.

Ringrazio ancora tutti coloro che mi hanno dato l'occasione di fare del bene, di perdonare qualche piccolo torto ricevuto, di amare tutti come fratelli e sorelle in Cristo. Concludo assicurando tutti, tutti, tutti, nessuno escluso che vi voglio tanto bene, e ve ne auguro ancora tantissimo, e nessuno dubiti del mio grande affetto, sempre, anche se un giorno, quando il Signore vorrà e il Vescovo disporrà, dovrò mettermi da parte per cedere il posto ad un altro sacerdote più giovane, con maggiore energie e forze più fresche.

 

Avete sentito come la regina d'Olanda Beatrice, alcuni mesi addietro ha abdicato per il figlio, l'undici febbraio il papa Benedetto si è messo da parte per cedere il posto a papa Francesco. Che bell'esempio ci hanno dato, una regina e un papa . Non è un scandalo mettersi da parte.

Allora un grazie grande, grande e mille benedizioni per tutti voi presenti ed assenti;

a tutte le famiglie auguro tanta pace, serenità e gioia vera in Cristo Gesù.

A tutti assicuro la mia preghiera quotidiana nella santa messa e a tutti chiedo la vostra preghiera perché viva in serenità e grazia il dolce tramonto della mia vita. Chiudo innalzando a Dio il mio grazie con le parole di Mons. Giuseppe Petraia, Vescovo di Agrigento e grande poeta mistico.

GRAZIE PADRE

Mille lingue vorrei per dirti grazie,

per cantare le tue misericordie

ed implorar perdono.

Mille cuori vorrei per dir ch'io t'amo,

Padre mio grande e buono.

Questo tempo è vigilia.

Io voglio farne

una sola incessante Eucaristia

per me, per quelli che mi porto in cuore,

per gli uomini fratelli

che hanno sete di Dio, sete di pace.

E tu, Madonna mia, dolce Maria,

guidami sul cammino.

Per la virtù del Sangue prezioso

del tuo Figliol divino

e la forza soave del suo Spirito

che ad alte mete gli umili conduce

l'anima mia, nell'alba nuova, approdi all'infinita Luce

Arc. Giovanni Di Liberto

 

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